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Comunicare chi e che cosa nell’ambito ambientale

Comunicare chi e che cosa nell ’ambito ambientale

Se c’è un surplus di informazione non sempre si affrontano correttamente le tematiche socioambientali in modo giusto.

 

Nell’era dei digital Media, dove l’informazione rimbalza da una parte all’ altra del Pianeta con un click, i canali televisivi tra il digitale terrestre con circa seicento televisioni locali e non in Italia, che coprono il territorio nazionali e i satelliti hanno inondato di canali tematici, generalisti e gli all news ventiquattro ore su ventiquattro senza alcuna tregua, l’Italia si piazza, al 73 mo della classifica delle nazioni con la maggiore libertà di stampa. Il rapporto è Reporter sans Frontières, ma sicuramente rispecchia la realtà della nostra situazione nazionale. La classifica è costruita utilizzando sette indicatori (trasparenza, autocensura, aggressioni, intervento del potere politico etc.) uguali per tutti i 180 paesi, e con l'aiuto di soggetti “locali” considerati credibili per la loro professionalità, la loro storia culturale, il loro ruolo sociale.

Adoperando anche i dati dell'osservatorio “Ossigeno per l'informazione”, si è ricavato che nel 2015, ci sono stati 506 giornalisti italiani “minacciati” per la loro attività di comunicatori di fatti e di avvenimenti: 47 hanno subito aggressioni fisiche, 139 avvertimenti mafiosi, 22 danneggiamenti, e ci sono state ben 276 denunce e azioni legali chiaramente strumentali per intimidirli. Sono dati preoccupanti, che fuggono talora, perdute nelle pieghe delle cronache d'ogni giorno, ma che nel rendiconto globale della somma di fine anno segnalano una dimensione molto grave, inusuale certamente in tutti gli altri Paesi europei, dove la criminalità organizzata ha un peso relativamente differente. Si aggiungano tutti gli episodi nei quali il potere politico e quello economico hanno usato le loro influenze per condizionare il lavoro giornalistico, e si comprende come non possa che essere conseguente una valutazione negativa. Per quanto riguarda, la comunicazione ambientale vige, talvolta, una profonda ignoranza delle tematiche ambientaliste, ma tutti veramente tutti si sentono soloni di poter parlare, scrivere, giudicare, senza conoscere come sono andati veramente o come vanno i fatti. Ci sono alcuni Media che fanno il copia e incolla delle veline fornite dalle istituzioni preposte senza approfondire più di tanto la vicenda o la notizia. Si vede un vero e proprio specchio tra la velina e la notizia riportata. Talvolta, la velocità anche di dover pubblicare nella Rete rende anche celere la mancanza di una vera verifica sul campo. Purtroppo, anche in questo campo in Italia non siamo messi molto bene: solamente il 4% dei giornalisti ha una preparazione specifica e intorno al 10 % dello spazio dei giornali nazionali di cui solo quattro hanno delle pagine che si occupano specificamente di ambiente. Si può capire bene come i giornali locali, talora, non sempre hanno giornalisti competenti in questo settore, sono quasi sempre generalisti o sono dei collaboratori avventizi con la passione per la scrittura, si occupano di cronaca, o se ci sono connessioni e relazioni, tuttavia, con l’ambiente. Anche in questo campo non siamo messi bene. Si capisce bene come non fanno un buon servizio alla collettività, ma riportano informazioni parziali e non verificate. Il giornalismo ambientale è una disciplina trasversale che si interseca su più scienze e saperi. Ricerca e teoria si intrecciano tra la comunicazione, le relazioni umane e l‘ ambiente. Questo aspetto si sviluppa anche nei mezzi di informazione ambientale, nei metodi di partecipazione dei cittadini nelle decisioni ambientali, nella retorica ambientale, nella comunicazione del rischio, nella risoluzione del conflitto ambientale, nelle campagne legali, nella vendita di prodotti “verdi„ ed immagini della natura nella cultura sociale e popolare. E, un numero crescente di studiosi della comunicazione, del giornalismo, della letteratura, della comunicazione e delle scienze sociali stanno aprendo la strada alla ricerca sul ruolo e sull’ influenza della comunicazione ambientale nell'ambito pubblico. Per quanto riguarda questo aspetto, il compito e il ruolo di un’associazione ambientalista come la nostra, consiste nel fornire responsabilmente un supporto critico ai giornalisti di tutti i media nei loro sforzi per coprire le complessità delle questioni ambientali in una chiave della lettura degli eventi e dei fatti sotto il punto di vista scientifico e culturale basato sulle buone pratiche. L’ecosistema sta diventando uno dei metodi più importanti per diffondere una nuova consapevolezza ambientale, necessaria per colmare il divario tra le questioni pubbliche e scientifiche o ambientali che hanno un disperato bisogno di attenzione. Per non parlare della parte etica del giornalismo ambientale in modo particolare. Ryszard Kapuscinski ha alla base una duplice spiegazione: il reporter polacco, in una sua lucida analisi della società attuale, punta il dito nei confronti del sistema scolastico, affermando che “la debolezza delle facoltà universitarie di giornalismo di tutto il mondo sta nel fatto che si insegnano soprattutto gli aspetti tecnici del mestiere. La preparazione etica è completamente Ignorata”. Pertanto, lo studio della comunicazione ambientale, non solo, da un punto di vista della sociologia dei mass media, aiuta ad entrare in molte professioni in cui la comunicazione è centrale alla partecipazione alle realtà ambientali diffuse sul territorio. Ricordiamo, tra i precursori del giornalismo ambientale italiano, Antonio Cederna, Laura Conti, Alexander Langer, fondatori tra l’altro della Lega per l’ambiente, divenuta successivamente Legambiente, ma anche Pierangelo Bertoli con il brano Eppure soffia pubblicato nel 1976. Le questioni riguardanti l'ambiente influenzano molti aspetti diversi di vita quotidiana delle persone, tra cui, per citare solo alcuni aspetti: la qualità dell'acqua che beviamo e l'aria che respiriamo. L'ambiente è preso in considerazione quando sorgono controversie sulla terra e le sue risorse, l’uso appropriato o inidoneo, e l'assegnazione dei vari beni in natura può portare a conflitti tra i proprietari e i gruppi di attivisti ambientali. Questioni come il riscaldamento globale e l'uso eccessivo di combustibili fossili sono diventati di comune conoscenza e la fonte di molta attenzione negli ultimi tempi, o la classificazione delle specie minacciate e in via di estinzione hanno portato a molti cambiamenti politici concernenti la caccia ed implica le leggi in tutto il mondo. C'è una lotta innegabile e costante tra le decisioni che sono ecologiche e quelle che aumentano la produzione e l'efficacia di un'organizzazione sociale. Senza dubbio, le questioni ambientali sono state rapidamente portate alla ribalta di argomenti degni di notizia in caso di una vera implicazione con fatti di cronaca o di rilevanza sociale. Uno dei fatti che potrebbe spiegare le difficoltà del pubblico nella comprensione dell‘informazione ambientale si basa sui comunicatori di medicina generale, dell'utilizzo di fonti prevalentemente governative o di uffici stampa istituzionali, piuttosto che la consulenza di esperti, di tecnici o da altre fonti informative alternative per cercare di ricostruire un fatto avendo uno sguardo sinottico. L’impreparazione di alcuni giornalisti, può generare una forma di greenwashing. E’ un neologismo coniato circa quattro anni fa, riconducibile alla pratica che aziende, organizzazioni, ma anche partiti politici, amministrazioni civiche mettono in atto per accattivarsi la fiducia della gente, evidenziando al massimo le proprie pratiche green e ecosostenibili, anche quando si tratta di operazioni meramente di facciata. L’antonimo è il greenaccording, quando la mission o il core business sono incentrati prevalentemente sulle buone pratiche ambientali. Media non attenti o per prossimità partitiche tendono al greenwashing o a nuove forme di revisionismo ambientale. Si può parlare di quest’ultimo se si riferisce, per esempio, all’utilità e alla necessità delle discariche scoraggiando tutte le forme di raccolta differenziata dei rifiuti. Secondo alcune notizie, la FIMA-Federazione Italiana Media Ambientali- sta lavorando ad una carta del giornalismo ambientale che presto sarà sottoposta all’approvazione dell’Ordine nazionale dei giornalisti. Tra gli aspetti del documento, sembra che gli organi di informazione non saranno tenuti a riportare informazioni o pareri di enti, comitati scientifici, associazioni ambientaliste non accreditate, proprio per non generare la disinformazione o la confusione tra i lettori e di far entrare per forza nella cronaca ambientale, persone in cerca di notorietà sociale per vari fini. La nostra associazione a livello locale presente oramai da venticinque anni, con i propri limiti e difetti, si prefigge di tutelare gli interessi pubblici e diffusi nell’ interesse della nostra comunità. La credibilità del nostro circolo è nell’aver creato con un manipolo di volontari una presenza costante sui vari temi della nostra città dove in molti si sono nel tempo arenati o la presenza di neoambientalisti convertiti sulla via di Damasco.

Che fare dell’elettrodotto di via Prenestrina

Che fare dell’elettrodotto di via Prenestrina

Si sta cercando di correre ai ripari dopo anni di una situazione suppurata.

Si è tenuta una pubblica assemblea all’interno del consiglio comunale per discutere con l’amministrazione comunale, i tecnici di Terna e i cittadini della situazione dell’elettrodotto. Tutti invitati per chiarire un po’ le questioni dopo anni ed anni di una situazione che si trascina alimentando più polemiche che soluzioni concrete. Dall’ampio dibattito è emerso che il cavo interrato non lo si può fare perché è difficile individuare i guasti per i troppi giunti sul cavo alto tensione, tuttavia la salute è protetta da i 3m/t quando la legge prevede 10m/t. Si può usare il traliccio monostelo con la linea compatta proposta da Francesco Tarantini, su cui la stessa Terna è favorevole come confermato dall'ing.Giuseppe Amorese. Non è percorribile l'eventuale interramento di un Km crea un anello debole ed il ministero dello sviluppo economico lo boccerebbe, non solo avrebbe bisogno di una cabina di conversione grande quanto metà campo di calcio con relative autorizzazioni da fare e dove realizzarla, la manutenzione è alquanto complicata la nostra cabina eventualmente sarebbe l’unica dorsale e in caso di un interruzione al cavo interrato, ci vorrebbero ben otto giorni per ripararlo e non essendoci altre linee per alimentarle le nostre utenze ci andrebbero in blackout. Pertanto, i tralicci che si possono usare sono quelli di nuova generazione e sono previsti i tempi di realizzazione di almeno 5 anni. Nel corso dei lavori Terna risistema tutto quello che si deturpa durante i lavori. Il progetto è già esecutivo avendo superato gli esami delle commissioni se si vogliono delle modifiche al tracciato si ricomincia da zero. Ci domandiamo come una conferenza del genere non sia stata proposta prima: dialogando con i cittadini, spiegando le questioni, operando l’amministrazione locale un interfaccia tra Terna e i cittadini. Non si vuole fare dietrologia…. Ci voleva molto ? Il circolo ha, da sempre, dato la massima rilevanza alla questione avendo come referente nella figura del presidente regionale in qualità di esperto nel campo dell'elettromagnetismo.

Festa dell’Albero 2014: istruzioni per le attività

Festa dell’Albero 2014 : istruzioni per le attività
Il comprensivo Imbriani Piccarreta la prima ad aderire con un evento all’interno del Progetto europeo Comenius.

E’ iniziata la campagna invernale di Legambiente che in questi ultimi anni sta avendo in tutta Italia e nella nostra città. La macchina si è messa in moto.  Siamo già partiti con un incontro di pianificazione condivisa della campagna che si articolerà fino al cuore dell’inverno per piantare nella nostra città, in zone, giardini, parchi d’interesse pubblico, alberi o arbusti che sono già a disposizione del circolo, pronti per essere messi a dimora nella nostra città.

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Perchè i rifugiati sono un mondo a parte

Perché i rifugiati sono un mondo a parte

L’esperienza di padre Mauro Armanino tra i migranti

Le cronache sulle varie situazioni dei migranti si occupano di tutte le tematiche del giornalismo: da quello più ampio di natura sociale a quello della cronaca nera fino a quella giudiziaria. Purtroppo, i nostri Media non si occupano in modo adeguato delle situazioni sociali al di là dei nostri confini a sud, come la politica che preferisce governare le emergenze ha un impatto più forte ed immediato e si va in deroga a leggi e si può gestire senza lacci e laccetti. Ho tradotto questo pezzo di padre Mauro Armanino, ( vedi i blogs: http://www.ilfattoquotidiano.it/blog/marmanino/ e http://www.missioni-africane.org/1082__Il_blog_di_p_Mauro ) che condivide esperienze di vita con i migranti, perché credo che attraverso le testimonianze allegate si possa andare al di là dei luoghi comuni. Non è possibile ancora vedere scene di intolleranza nella nostra nazione! Con persone soffiano sulle inquietudini e le instabilità dei nostri tempi.

Giuseppe Faretra

 

I rifugiati sono un mondo a parte?

Alcuni sono tra noi. Altri possono passare anni in alcuni campi di transito o di soggiorno. Alcuni non sono da nessuna parte o in qualche parte del mondo. I rifugiati sono loro stessi ”un mondo a parte” o una parte del mondo ? Non hanno scelto di lasciare l loro Paesi: sono stati costretti a salvare una vita che era in pericolo. Sono “un mondo a parte” a causa della loro situazione che li rende degli esuli permanenti. Non sono più nei loro Paesi e non si sentono di far parte del Paese, dove ora vivono. E’ un transito permanente. Per questo motivo, il 20 giugno di ogni anno si celebra la Giornale Mondiale dei Rifugiati, diventando un simbolo del nostro mondo. E’ il mondo dove le guerre, l’economia e lo sfruttamento delle risorse determinano delle esclusioni sempre più forti. Anche se i rifugiati sono anche una parte del mondo. Di questo mondo dove per esistere è necessario fuggire, per avere un futuro, è necessario avere degli occhi capaci ad ascoltare. E’ questo il senso del nostro dibattito odierno di idee.

Mauro Armanino

Testimonianze

Marie Laure

Sono qui con i miei due figli. In Costa d’Avorio vivevo bene e non mi mancava niente. Ho perso tutto. Quando sono arrivata qui, ero sola. Mi sono ritrovata in Niger, senza rendermi conto. Ogni giorno mi ricordo quando ero a casa mia. Ho iniziato a lavorare come domestica, lasciando i miei bambini ai vicini. Dopo quattro anni posso dire che siamo vivi grazie a Dio ed alla solidarietà di tutte le persone. E’ necessario adattarsi a qualsiasi lavoro e condizione. In particolare, è la ricerca della casa che costituisce un problema serio a Niamey. Per il momento, i bambini vanno scuola e crescono qui. Spero di trovare una scuola migliore per loro. In vista delle prossime elezioni non ho nessuna intenzione di ritornare nel mio Paese. Tra l’altro mio figlio è ancora traumatizzato per quello che vissuto durante la guerra. Ho avuto dopo due anni di attesa, il mio status di rifugiata.

Miriam

Sono arrivata a Niamey con la mia figlioletta il 22 febbraio 2009. Questo è accaduto a causa della guerra nel mio Paese, la Repubblica Democratica del Congo, ho perso tutto. I miei quattro bambini non so dove sono. Ho lasciato il Paese per il Mali e poi in Niger. Una delle mie figlie è stata a lungo in Mali e sono andata per cercarla di nuovo per portarla qui con me. C’è una sofferenza continua quando si guarda il passato e il presente: non abbiamo nulla in mano! Da quando sono arrivata soltanto i religiosi e le religiose mi hanno aiutato. Mi ci è voluto un po’ di tempo, prima che il mio status fosse riconosciuto. Per dare da mangiare ai miei figli, ho fatto la donna delle pulizie. Ma spesso il padrone o la padrona ti chiedono sempre di più. La lavanderia, la cucina e il salario non cambia. Quando si fanno delle osservazioni, ti mettono alla porta. Questo è già accaduto tre volte qui a Niamey! Trovare una casa, non è facile. 35 mila franchi al mese (N.d. T: 55 Euro circa) e il resto per il cibo e le esigenze dei bambini. SI sopravvive per Grazia di Dio.

Jennifer

Era il 24 marzo 2013 quando i ribelli Séléka entrarono a Bangui, la capitale della Repubblica Centrafricana. * Ritornando a casa, ho visto il corpo di mio marito per terra sul pavimento. I bambini non erano più lì. Corsi per trovarli ovunque e mi sono ritrovata in Camerun. Da lì, seguendo la corrente e un’amica sono arrivata a Niamey. Quando sono giunta mi sono recata immediatamente alla cattedrale cattolica per chiedere aiuto. L’ho ricevuto e quello mi ha permesso di una piccola casa, un lavoro e la possibilità di recuperare i miei bambini che erano in un campo profughi in Camerun. Ora sono tutti qui con me. La più grande, ora ha 16 anni, è stata violentata da un ribelle e ferito un braccio. Ha dato alla luce un bambino che viene su bene. Ho avuto molto presto il documento della Croce Rossa e quello mi ha permesso di beneficiare di aiuti specifici per l’educazione dei miei figli. Spero di fare una nuova vita qui.

Fermiamo immediatamente il massacro

L’Europa nasce o muore nel Mediterraneo

La pace, la sicurezza, il benessere sociale ed economico possono essere raggiunti solo nel rispetto dei diritti umani universali di ogni donna e di ogni uomo. L’area del Mediterraneo è una polveriera e il mare è orami un cimitero a cielo aperto. Dall’inizio del 2015 nel Mediterraneo sono oltre 1.700 morti. L'Europa, per la storia, la cultura, la geografia e del commercio, è parte integrante di questa zona, ma sembra aver perso la memoria. Il dramma dei rifugiati e dei migranti, ma l'abbandono alle organizzazioni criminali, il dibattito su come, dove e chi colpire per impedire l'arrivo di uomini e donne in cerca di rifugio o una vita dignitosa in Europa, non è che l'ultimo atto che dimostra la mancanza di visione politica da parte dei governi europei. Questa situazione drammatica ha delle responsabilità precise: le scelte politiche e le leggi dei governi europei, che non permettono alcuna via d’accesso sicura e legale nel territorio europeo. La risposta dell’UE, ha confermato nell’Ordine del giorno europeo sull’immigrazione, propone nuove soluzioni che hanno già dimostrato di essere miopi e di produrre degli effetti opposti rispetto agli obiettivi dichiarati. Il fatto di aumentare le risorse per avere più controlli e più mezzi per pattugliare le frontiere, invece di salvare le vite umane, è sbagliato e non arresterà le persone che vuole partire per l’Europa. I conflitti irrisolti e le guerre hanno prodotto finora più di quattro milioni di rifugiati palestinesi, circa duecento mila del Saharawi, accampati nel deserto algerini, nove milioni siriani tra sfollati e rifugiati, due milioni di profughi irakeni. Per anni c’è un flusso di uomini e donne dell’Afghanistan e dall’inferno della Libia, e di persone che sono in fuga dalla Somalia, dall’Eritrea, dal Sudan e dagli altri Paesi africani. Dietro le storie di queste persone, non c’è solo la povertà, le malattie, le dittature e le guerre, ma anche degli interessi politici ed economici internazionali. Le guerre, le povertà, il saccheggio delle risorse naturali, lo sfruttamento economico e commerciale, le dittature sono le cause delle migrazioni contemporanee. Essere liberi di muoversi, la migrazione deve essere una conquista di umanità, non un vincolo. L’Europa deve costruire una risposta di pace, di convivenza, la convivenza, il benessere sociale ed economico, ispirandosi ai principi di solidarietà e di abbandonare le politiche di sicurezza, di austerità, degli accordi commerciali neoliberisti, della privatizzazione dei beni comuni. L’Europa deve investire per un lavoro dignitoso, nella giustizia sociale, nella democrazia e la sovranità dei popoli. Noi siamo l’Europa. Dobbiamo costruire l’Europa sociale e solidale. Per uscire dall’emergenza e costruire l’Europa del futuro, proponiamo dieci priorità.

1- L’Unione Europea deve attivare immediatamente una ricerca e un programma di salvataggio nella zona mediterranea.

2- E’ necessario immediatamente ritirare tutte le ipotesi di intervento armato contro navi o barche, che non solamente mancano di ogni legittimità, come ha confermato il segretario dell’ONU Banki-Moon, ma è anche in grado di produrre solo più morti e di favorire nuovi conflitti. E’ necessario abbandonare l’ennesimo strumento di una più grande strategia di esternalizzazione delle frontiere europee.

3- E’ necessario aprire immediatamente i canali umanitari e le vie di accesso legali nel territorio europeo, l’unico modo realistico per evitare la morte e la lotta è quella di evitare i viaggi della morte e combattere gli scafisti. E’ necessario attivare contemporaneamente la direttiva 55/2001, garantendo anche uno strumento di protezione europeo, che consentono la gestione di flussi straordinari e la circolazione dei rifugiati nel territorio dell’Unione Europea.

4- Bisogna sospendere il trattato di Dublino e permettere ai rifugiati di scegliere il Paese dove andare, sostenendo economicamente, da un fondo europeo “ad hoc” l’accoglienza in questi Paesi sulla base della ripartizione dei rifugiati. Tutto questo nella prospettiva di arrivare presto ad un sistema unico europeo d’asilo e di accoglienza condiviso da tutti gli stati membri.

5- Nell’attesa di un sistema europeo unico, è necessario realizzare in tutti i Paesi membri, un sistema stabile, unitario e comune per piccoli gruppi chiudendo definitivamente la stagione dell’emergenza permanente e i grandi centri di accoglienza, che hanno prodotto e producono sia la corruzione sia l’appropriazione indebita dell’accoglienza. Un sistema pubblico che metta al centro la dignità delle persone, con la partecipazione dei territori, dei comuni, con delle persone competenti, delle procedure trasparenti e dei controlli indipendenti.

6- E’ necessario intervenire in numerose zone di crisi per trovare soluzioni di pace, senza ulteriori guerre o sostenere dittatori vecchi e nuovi, promuovendo la risoluzione dei conflitti e le transazioni democratiche, la protezione civile e disarmata, le azioni non violente, i Corpi della pace, il dialogo tra le differenti comunità.

7- E’ necessario sospendere gli accordi - come il processo di Rabat e Khartoum - con quei governi che non rispettano i diritti umani e le libertà, bloccando immediatamente la fornitura di armi.

8- E’ necessario programmare interventi di cooperazione per lo sviluppo locale sostenibile nelle zone più povere, dove lo spopolamento e la migrazione sono endemiche e non devono permettere alle multinazionali di utilizzare i programmi europei di aiuto allo sviluppo per interessi privati.

9- E’ necessario sostenere un grande piano di investimenti pubblici verso un'economia di pace, un lavoro dignitoso e per la conversione ecologica.

10- E’ necessario sostenere la rinegoziazione dei debiti pubblici e l’affrancamento di quelli non esigibili o di prodotti da accordi o di gestioni di favore o di corruzione. Salvare vite umane, proteggere le persone, non i confini!

Traduzione dal francese di Giuseppe Faretra

° http://www.notiziegeopolitiche.net/?p=52764

 

 

I rifiuti la situazione pugliese

I rifiuti la situazione pugliese
L’esperto Massimiliano Piscitelli ci parla delle evoluzioni in atto.


La questione dei rifiuti solidi urbani,  è tra i problemi più importanti per la gestione delle nostre città.  Ne abbiamo parlato con Massimiliano Piscitelli , Ingegnere e dottore di ricerca in ingegneria per l'ambiente,esperto in questo settore,membro di Legambiente. “Attualmente in molti comuni pugliesi la raccolta dei rifiuti è organizzata con contenitori stradali. La raccolta differenziata è di tipo aggiuntivo e facoltativo. Questo comporta –ha esordito  Massimiliano Piscitelli- un incremento dei costi dovuto alla duplicazione delle attività di raccolta e il raggiungimento di scarsi risultati ormai non più accettabili e contrari alla legge.” Per quanto riguarda, in che modo è possibile migliorare la situazione,l’Ingegnere ha le idee chiare: “I sistemi di raccolta differenziata che consentono il raggiungimento degli obiettivi di legge sono quelli di tipo domiciliare spinto, così detti porta a porta. In tal caso, l'utente è obbligato a effettuare la raccolta differenziata che non è più un servizio aggiunto rispetto alla raccolta dell'indifferenziato, ma è un servizio perfettamente integrato i cui costi, leggermente superiori ai modelli stradali, sono legati principalmente all'incremento della qualità del servizio che prevede il ritiro a domicilio dei riifuti. Non è più il cittadino che raggiunge il contenitore per conferire i propri rifiuti, bensì l'operatore che raggiunge il cittadino per la raccolta. Il tutto con evidenti miglioramenti per il decoro, l'igiene e la pulizia urbana. Scompaiono i cassonetti e con loro, lo sporco e i cattivi odori. Si restituisce spazio urbano al cittadino e a funzioni di maggior pregio.Tutto questo consente di raggiungere livelli di raccolta differenziata superiori al 65% (obiettivo di legge), così come accaduto a Andria (100.000 abitanti) e in altri comuni pugliesi (San Ferdinando di Puglia, Rutigliano, Mola di Bari ecc).” Un aspetto utile è la comunicazione che le amministrazioni e le aziende municipalizzate o addette alla raccolta dei rifiuti urbani devono avere con i cittadini e le  idee del tenico ambientale sono chiare:”  La comunicazione con i cittadini è un tassello chiave-ha continuato Massimiliano Piscitelli- per l'implementazione di una corretta strategia di gestione dei cittadini. E' necessario implementare opportune strategie di comunicazione in cui prevedere un rapporto bidirezionale. Il cittadino, infatti, non deve solo essere informato delle scelte ma deve partecipare alla definizione delle scelte. Non si può prendere delle decisioni prescindendo dal soggetto che produce i rifiuti e che deve fruire del servizio di raccolta. Scelte imposte non possono che incontrare forte resistenza e sono destinate a patire un grande rischio di insuccesso.” Per quanto riguarda la situazione generale della pinificazione regionale l’ingegnere Massimiliano Piscitelli ha le idee chiare: ” Lo stato di attuazione della pianificazione regionale in materia di gestione di Rsu (Rifiuti Solidi Urbani) risulta assolutamente parziale. Insufficiente nella provincia Bat, dove non esiste un solo impianto di compostaggio nè un solo impianto di pretrattamento del rifiuto residuo da smaltire in discarica. Riteniamo urgente implementare un sistema impiantistico integrato che consenta di recuperare i rifiuti recuperabili e pretrattare quelli residui per ridurne la pericolosità prima dello smaltimento in discarica. Tale obiettivo non è più derogabile.” Infine, sulla raccolta intelligente dei rifiuti conclude Massimiliano Piscitelli : “Deve assumere un ruolo chiave nella strategia di gestione dei rifiuti a livello globale. Prevenire la produzione di rifiuti significa ripensare il modello economico e produttivo attuale basato sui consumi, sull'usa e getta, sull'obsolescenza programmata e sui beni di consumo.”

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