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Ecoreati: chi inquina paga

Ecoreati: chi inquina paga

Da multa a reato con cinque fattispecie.

Da anni, si parla della bellezza del nostro territorio, delle produzioni tipiche di qualità, di quote di biodiversità che si vanno perdendo di anno in anno, dell’incremento dell’effetto serra e delle varie forme di abusi ambientali, senza contare delle ecomafie, ormai non si poteva più aspettare. Per gli inquinatori la pacchia è finita. Se in passato era molto conveniente, ad esempio, sversare inerti agli ingressi delle città, al massimo si poteva incorrere in una sanzione pecuniaria,ora non può più accadere. L'abbandono di vari rifiuti,gli  spargimenti di liquami in falda ecc. sono delle forme di inquinamento ambientale,di disastro ambientale,di traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività,di impedimento del controllo, di omessa bonifica. L’iter ha rischiato di arenarsi più volte e si è atteso oltre venti anni, ma Libera e Legambiente hanno più volte sensibilizzato i Media, i social networks e i parlamentari a legiferare per sbrigarsi. In breve, il provvedimento inserisce nel codice penale il nuovo Titolo VI-bis (dei delitti contro l’ambiente). E' prevista, inoltre, una aggravante ambientale applicabile a tutti i fatti già previsti come reato. Sconti di pena, tra le altre cose, per chi si adopera per il ripristino dello stato dei luoghi e raddoppio della prescrizione per questo genere di reati. Schematicamente presentiamo i cinque ecoreati introdotti dal Disegno di Legge approvato in via definitiva dall'Aula del Senato ed ufficialmente entra nel codice penale.

- L’ INQUINAMENTO AMBIENTALE. E' punito con la reclusione da 2 a 6 anni e con la multa da 10.000 a 100.000 euro chiunque abusivamente genera una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili dello stato preesistente "delle acque o dell'aria, o di porzioni estese o significative del suolo e del sottosuolo" o "di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna"; aggravanti di pena sono previste se l'inquinamento riguarda specifiche aree protette, nonché provochi lesione o morte di una o più persone.

- Il DISASTRO AMBIENTALE. E' punito con la reclusione da 5 a 15 anni, alternativamente, un'alterazione irreversibile dell'equilibrio di un ecosistema; un'alterazione dell'equilibrio di un ecosistema la cui eliminazione risulti particolarmente onerosa e conseguibile solo con provvedimenti eccezionali; l'offesa all'incolumità pubblica determinata con riferimento sia alla rilevanza del fatto per l'estensione della compromissione ambientale o dei suoi effetti lesivi, sia al numero delle persone offese o esposte al pericolo. La nuova norma prevede una clausola di salvaguardia ("fuori dai casi previsti dall'articolo 434"), volta a differenziare il disastro ambientale dal delitto relativo al crollo di costruzioni o altri disastri dolosi (cd. disastro innominato) che ha finora svolto funzione di supplenza per la mancanza di uno specifico delitto di disastro ambientale. Anche il disastro ambientale prevede un'aggravante ove il danno si produca in specifiche aree protette.

- Il TRAFFICO E ABBANDONO DI MATERIALE AD ALTA RADIOATTIVITA'. E' punito con la reclusione da 2 a 6 anni e con la multa da 10.000 a 50.000 euro il reato di pericolo di chiunque abusivamente "cede, acquista, riceve, trasporta, importa, esporta, procura ad altri, detiene, trasferisce, abbandona materiale di alta radioattività ovvero, detenendo tale materiale, lo abbandona o se ne disfa illegittimamente"; specifiche aggravanti sono previste in relazione all'entità del possibile danno per l'ambiente.

- L’ OMESSO CONTROLLO. La norma punisce con la reclusione da 6 mesi a 3 anni chiunque impedisce, intralcia o elude l'attività di vigilanza e controllo ambientale e di sicurezza e igiene del lavoro ovvero ne compromette gli esiti.

- L’ OMESSA BONIFICA. Introdotta dal Senato, punisce con la reclusione da 1 a 4 anni e con la multa da 20.000 a 80.000 euro chiunque, essendovi obbligato, non provvede alla bonifica, al ripristino e al recupero dello stato dei luoghi. L'obbligo dell'intervento può derivare direttamente dalla legge, da un ordine del giudice o da una pubblica autorità.

- L’AGGRAVANTE AMBIENTALE. Nel codice penale è introdotto anche un nuovo articolo, l'aggravante ambientale, per prevedere un aumento di pena quando un fatto-reato sia commesso per la commissione di un delitto contro l'ambiente.

- Il RAVVEDIMENTO OPEROSO. Il provvedimento oltre a stabilire diminuzioni di pena per l'ipotesi colposa di inquinamento ambientale e di disastro ambientale, prevede uno sconto di pena anche per coloro che collaborano con le autorità ed evitano che i delitti contro l'ambiente siano portati a conseguenze ulteriori.

- IL RADDOPPIAMENTO DELLA PRESCRIZIONE. Il ddl prevede per i nuovi delitti ambientali il raddoppio dei termini di prescrizione e che, alla condanna per tali delitti, consegua l'incapacità a contrarre con la pubblica amministrazione.

- La CONFISCA E RIPRISTINO LUOGHI. In caso di condanna o patteggiamento per uno dei nuovi delitti ambientali nonché per associazione a delinquere finalizzata alla commissione di delitti ambientali, il giudice debba sempre ordinare la confisca dei beni prodotto o profitto del reato o che servirono a commetterlo, salvo che appartengano a terzi estranei al reato; stabilisce che, se la confisca non è possibile, il giudice debba ordinare la confisca per equivalente; obbliga il condannato al recupero e dove possibile, al ripristino a proprio carico dello stato dei luoghi.

Comunicare chi e che cosa nell’ambito ambientale

Comunicare chi e che cosa nell ’ambito ambientale

Se c’è un surplus di informazione non sempre si affrontano correttamente le tematiche socioambientali in modo giusto.

 

Nell’era dei digital Media, dove l’informazione rimbalza da una parte all’ altra del Pianeta con un click, i canali televisivi tra il digitale terrestre con circa seicento televisioni locali e non in Italia, che coprono il territorio nazionali e i satelliti hanno inondato di canali tematici, generalisti e gli all news ventiquattro ore su ventiquattro senza alcuna tregua, l’Italia si piazza, al 73 mo della classifica delle nazioni con la maggiore libertà di stampa. Il rapporto è Reporter sans Frontières, ma sicuramente rispecchia la realtà della nostra situazione nazionale. La classifica è costruita utilizzando sette indicatori (trasparenza, autocensura, aggressioni, intervento del potere politico etc.) uguali per tutti i 180 paesi, e con l'aiuto di soggetti “locali” considerati credibili per la loro professionalità, la loro storia culturale, il loro ruolo sociale.

Adoperando anche i dati dell'osservatorio “Ossigeno per l'informazione”, si è ricavato che nel 2015, ci sono stati 506 giornalisti italiani “minacciati” per la loro attività di comunicatori di fatti e di avvenimenti: 47 hanno subito aggressioni fisiche, 139 avvertimenti mafiosi, 22 danneggiamenti, e ci sono state ben 276 denunce e azioni legali chiaramente strumentali per intimidirli. Sono dati preoccupanti, che fuggono talora, perdute nelle pieghe delle cronache d'ogni giorno, ma che nel rendiconto globale della somma di fine anno segnalano una dimensione molto grave, inusuale certamente in tutti gli altri Paesi europei, dove la criminalità organizzata ha un peso relativamente differente. Si aggiungano tutti gli episodi nei quali il potere politico e quello economico hanno usato le loro influenze per condizionare il lavoro giornalistico, e si comprende come non possa che essere conseguente una valutazione negativa. Per quanto riguarda, la comunicazione ambientale vige, talvolta, una profonda ignoranza delle tematiche ambientaliste, ma tutti veramente tutti si sentono soloni di poter parlare, scrivere, giudicare, senza conoscere come sono andati veramente o come vanno i fatti. Ci sono alcuni Media che fanno il copia e incolla delle veline fornite dalle istituzioni preposte senza approfondire più di tanto la vicenda o la notizia. Si vede un vero e proprio specchio tra la velina e la notizia riportata. Talvolta, la velocità anche di dover pubblicare nella Rete rende anche celere la mancanza di una vera verifica sul campo. Purtroppo, anche in questo campo in Italia non siamo messi molto bene: solamente il 4% dei giornalisti ha una preparazione specifica e intorno al 10 % dello spazio dei giornali nazionali di cui solo quattro hanno delle pagine che si occupano specificamente di ambiente. Si può capire bene come i giornali locali, talora, non sempre hanno giornalisti competenti in questo settore, sono quasi sempre generalisti o sono dei collaboratori avventizi con la passione per la scrittura, si occupano di cronaca, o se ci sono connessioni e relazioni, tuttavia, con l’ambiente. Anche in questo campo non siamo messi bene. Si capisce bene come non fanno un buon servizio alla collettività, ma riportano informazioni parziali e non verificate. Il giornalismo ambientale è una disciplina trasversale che si interseca su più scienze e saperi. Ricerca e teoria si intrecciano tra la comunicazione, le relazioni umane e l‘ ambiente. Questo aspetto si sviluppa anche nei mezzi di informazione ambientale, nei metodi di partecipazione dei cittadini nelle decisioni ambientali, nella retorica ambientale, nella comunicazione del rischio, nella risoluzione del conflitto ambientale, nelle campagne legali, nella vendita di prodotti “verdi„ ed immagini della natura nella cultura sociale e popolare. E, un numero crescente di studiosi della comunicazione, del giornalismo, della letteratura, della comunicazione e delle scienze sociali stanno aprendo la strada alla ricerca sul ruolo e sull’ influenza della comunicazione ambientale nell'ambito pubblico. Per quanto riguarda questo aspetto, il compito e il ruolo di un’associazione ambientalista come la nostra, consiste nel fornire responsabilmente un supporto critico ai giornalisti di tutti i media nei loro sforzi per coprire le complessità delle questioni ambientali in una chiave della lettura degli eventi e dei fatti sotto il punto di vista scientifico e culturale basato sulle buone pratiche. L’ecosistema sta diventando uno dei metodi più importanti per diffondere una nuova consapevolezza ambientale, necessaria per colmare il divario tra le questioni pubbliche e scientifiche o ambientali che hanno un disperato bisogno di attenzione. Per non parlare della parte etica del giornalismo ambientale in modo particolare. Ryszard Kapuscinski ha alla base una duplice spiegazione: il reporter polacco, in una sua lucida analisi della società attuale, punta il dito nei confronti del sistema scolastico, affermando che “la debolezza delle facoltà universitarie di giornalismo di tutto il mondo sta nel fatto che si insegnano soprattutto gli aspetti tecnici del mestiere. La preparazione etica è completamente Ignorata”. Pertanto, lo studio della comunicazione ambientale, non solo, da un punto di vista della sociologia dei mass media, aiuta ad entrare in molte professioni in cui la comunicazione è centrale alla partecipazione alle realtà ambientali diffuse sul territorio. Ricordiamo, tra i precursori del giornalismo ambientale italiano, Antonio Cederna, Laura Conti, Alexander Langer, fondatori tra l’altro della Lega per l’ambiente, divenuta successivamente Legambiente, ma anche Pierangelo Bertoli con il brano Eppure soffia pubblicato nel 1976. Le questioni riguardanti l'ambiente influenzano molti aspetti diversi di vita quotidiana delle persone, tra cui, per citare solo alcuni aspetti: la qualità dell'acqua che beviamo e l'aria che respiriamo. L'ambiente è preso in considerazione quando sorgono controversie sulla terra e le sue risorse, l’uso appropriato o inidoneo, e l'assegnazione dei vari beni in natura può portare a conflitti tra i proprietari e i gruppi di attivisti ambientali. Questioni come il riscaldamento globale e l'uso eccessivo di combustibili fossili sono diventati di comune conoscenza e la fonte di molta attenzione negli ultimi tempi, o la classificazione delle specie minacciate e in via di estinzione hanno portato a molti cambiamenti politici concernenti la caccia ed implica le leggi in tutto il mondo. C'è una lotta innegabile e costante tra le decisioni che sono ecologiche e quelle che aumentano la produzione e l'efficacia di un'organizzazione sociale. Senza dubbio, le questioni ambientali sono state rapidamente portate alla ribalta di argomenti degni di notizia in caso di una vera implicazione con fatti di cronaca o di rilevanza sociale. Uno dei fatti che potrebbe spiegare le difficoltà del pubblico nella comprensione dell‘informazione ambientale si basa sui comunicatori di medicina generale, dell'utilizzo di fonti prevalentemente governative o di uffici stampa istituzionali, piuttosto che la consulenza di esperti, di tecnici o da altre fonti informative alternative per cercare di ricostruire un fatto avendo uno sguardo sinottico. L’impreparazione di alcuni giornalisti, può generare una forma di greenwashing. E’ un neologismo coniato circa quattro anni fa, riconducibile alla pratica che aziende, organizzazioni, ma anche partiti politici, amministrazioni civiche mettono in atto per accattivarsi la fiducia della gente, evidenziando al massimo le proprie pratiche green e ecosostenibili, anche quando si tratta di operazioni meramente di facciata. L’antonimo è il greenaccording, quando la mission o il core business sono incentrati prevalentemente sulle buone pratiche ambientali. Media non attenti o per prossimità partitiche tendono al greenwashing o a nuove forme di revisionismo ambientale. Si può parlare di quest’ultimo se si riferisce, per esempio, all’utilità e alla necessità delle discariche scoraggiando tutte le forme di raccolta differenziata dei rifiuti. Secondo alcune notizie, la FIMA-Federazione Italiana Media Ambientali- sta lavorando ad una carta del giornalismo ambientale che presto sarà sottoposta all’approvazione dell’Ordine nazionale dei giornalisti. Tra gli aspetti del documento, sembra che gli organi di informazione non saranno tenuti a riportare informazioni o pareri di enti, comitati scientifici, associazioni ambientaliste non accreditate, proprio per non generare la disinformazione o la confusione tra i lettori e di far entrare per forza nella cronaca ambientale, persone in cerca di notorietà sociale per vari fini. La nostra associazione a livello locale presente oramai da venticinque anni, con i propri limiti e difetti, si prefigge di tutelare gli interessi pubblici e diffusi nell’ interesse della nostra comunità. La credibilità del nostro circolo è nell’aver creato con un manipolo di volontari una presenza costante sui vari temi della nostra città dove in molti si sono nel tempo arenati o la presenza di neoambientalisti convertiti sulla via di Damasco.

Che fare dell’elettrodotto di via Prenestrina

Che fare dell’elettrodotto di via Prenestrina

Si sta cercando di correre ai ripari dopo anni di una situazione suppurata.

Si è tenuta una pubblica assemblea all’interno del consiglio comunale per discutere con l’amministrazione comunale, i tecnici di Terna e i cittadini della situazione dell’elettrodotto. Tutti invitati per chiarire un po’ le questioni dopo anni ed anni di una situazione che si trascina alimentando più polemiche che soluzioni concrete. Dall’ampio dibattito è emerso che il cavo interrato non lo si può fare perché è difficile individuare i guasti per i troppi giunti sul cavo alto tensione, tuttavia la salute è protetta da i 3m/t quando la legge prevede 10m/t. Si può usare il traliccio monostelo con la linea compatta proposta da Francesco Tarantini, su cui la stessa Terna è favorevole come confermato dall'ing.Giuseppe Amorese. Non è percorribile l'eventuale interramento di un Km crea un anello debole ed il ministero dello sviluppo economico lo boccerebbe, non solo avrebbe bisogno di una cabina di conversione grande quanto metà campo di calcio con relative autorizzazioni da fare e dove realizzarla, la manutenzione è alquanto complicata la nostra cabina eventualmente sarebbe l’unica dorsale e in caso di un interruzione al cavo interrato, ci vorrebbero ben otto giorni per ripararlo e non essendoci altre linee per alimentarle le nostre utenze ci andrebbero in blackout. Pertanto, i tralicci che si possono usare sono quelli di nuova generazione e sono previsti i tempi di realizzazione di almeno 5 anni. Nel corso dei lavori Terna risistema tutto quello che si deturpa durante i lavori. Il progetto è già esecutivo avendo superato gli esami delle commissioni se si vogliono delle modifiche al tracciato si ricomincia da zero. Ci domandiamo come una conferenza del genere non sia stata proposta prima: dialogando con i cittadini, spiegando le questioni, operando l’amministrazione locale un interfaccia tra Terna e i cittadini. Non si vuole fare dietrologia…. Ci voleva molto ? Il circolo ha, da sempre, dato la massima rilevanza alla questione avendo come referente nella figura del presidente regionale in qualità di esperto nel campo dell'elettromagnetismo.

Festa dell’Albero 2014: istruzioni per le attività

Festa dell’Albero 2014 : istruzioni per le attività
Il comprensivo Imbriani Piccarreta la prima ad aderire con un evento all’interno del Progetto europeo Comenius.

E’ iniziata la campagna invernale di Legambiente che in questi ultimi anni sta avendo in tutta Italia e nella nostra città. La macchina si è messa in moto.  Siamo già partiti con un incontro di pianificazione condivisa della campagna che si articolerà fino al cuore dell’inverno per piantare nella nostra città, in zone, giardini, parchi d’interesse pubblico, alberi o arbusti che sono già a disposizione del circolo, pronti per essere messi a dimora nella nostra città.

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Perchè i rifugiati sono un mondo a parte

Perché i rifugiati sono un mondo a parte

L’esperienza di padre Mauro Armanino tra i migranti

Le cronache sulle varie situazioni dei migranti si occupano di tutte le tematiche del giornalismo: da quello più ampio di natura sociale a quello della cronaca nera fino a quella giudiziaria. Purtroppo, i nostri Media non si occupano in modo adeguato delle situazioni sociali al di là dei nostri confini a sud, come la politica che preferisce governare le emergenze ha un impatto più forte ed immediato e si va in deroga a leggi e si può gestire senza lacci e laccetti. Ho tradotto questo pezzo di padre Mauro Armanino, ( vedi i blogs: http://www.ilfattoquotidiano.it/blog/marmanino/ e http://www.missioni-africane.org/1082__Il_blog_di_p_Mauro ) che condivide esperienze di vita con i migranti, perché credo che attraverso le testimonianze allegate si possa andare al di là dei luoghi comuni. Non è possibile ancora vedere scene di intolleranza nella nostra nazione! Con persone soffiano sulle inquietudini e le instabilità dei nostri tempi.

Giuseppe Faretra

 

I rifugiati sono un mondo a parte?

Alcuni sono tra noi. Altri possono passare anni in alcuni campi di transito o di soggiorno. Alcuni non sono da nessuna parte o in qualche parte del mondo. I rifugiati sono loro stessi ”un mondo a parte” o una parte del mondo ? Non hanno scelto di lasciare l loro Paesi: sono stati costretti a salvare una vita che era in pericolo. Sono “un mondo a parte” a causa della loro situazione che li rende degli esuli permanenti. Non sono più nei loro Paesi e non si sentono di far parte del Paese, dove ora vivono. E’ un transito permanente. Per questo motivo, il 20 giugno di ogni anno si celebra la Giornale Mondiale dei Rifugiati, diventando un simbolo del nostro mondo. E’ il mondo dove le guerre, l’economia e lo sfruttamento delle risorse determinano delle esclusioni sempre più forti. Anche se i rifugiati sono anche una parte del mondo. Di questo mondo dove per esistere è necessario fuggire, per avere un futuro, è necessario avere degli occhi capaci ad ascoltare. E’ questo il senso del nostro dibattito odierno di idee.

Mauro Armanino

Testimonianze

Marie Laure

Sono qui con i miei due figli. In Costa d’Avorio vivevo bene e non mi mancava niente. Ho perso tutto. Quando sono arrivata qui, ero sola. Mi sono ritrovata in Niger, senza rendermi conto. Ogni giorno mi ricordo quando ero a casa mia. Ho iniziato a lavorare come domestica, lasciando i miei bambini ai vicini. Dopo quattro anni posso dire che siamo vivi grazie a Dio ed alla solidarietà di tutte le persone. E’ necessario adattarsi a qualsiasi lavoro e condizione. In particolare, è la ricerca della casa che costituisce un problema serio a Niamey. Per il momento, i bambini vanno scuola e crescono qui. Spero di trovare una scuola migliore per loro. In vista delle prossime elezioni non ho nessuna intenzione di ritornare nel mio Paese. Tra l’altro mio figlio è ancora traumatizzato per quello che vissuto durante la guerra. Ho avuto dopo due anni di attesa, il mio status di rifugiata.

Miriam

Sono arrivata a Niamey con la mia figlioletta il 22 febbraio 2009. Questo è accaduto a causa della guerra nel mio Paese, la Repubblica Democratica del Congo, ho perso tutto. I miei quattro bambini non so dove sono. Ho lasciato il Paese per il Mali e poi in Niger. Una delle mie figlie è stata a lungo in Mali e sono andata per cercarla di nuovo per portarla qui con me. C’è una sofferenza continua quando si guarda il passato e il presente: non abbiamo nulla in mano! Da quando sono arrivata soltanto i religiosi e le religiose mi hanno aiutato. Mi ci è voluto un po’ di tempo, prima che il mio status fosse riconosciuto. Per dare da mangiare ai miei figli, ho fatto la donna delle pulizie. Ma spesso il padrone o la padrona ti chiedono sempre di più. La lavanderia, la cucina e il salario non cambia. Quando si fanno delle osservazioni, ti mettono alla porta. Questo è già accaduto tre volte qui a Niamey! Trovare una casa, non è facile. 35 mila franchi al mese (N.d. T: 55 Euro circa) e il resto per il cibo e le esigenze dei bambini. SI sopravvive per Grazia di Dio.

Jennifer

Era il 24 marzo 2013 quando i ribelli Séléka entrarono a Bangui, la capitale della Repubblica Centrafricana. * Ritornando a casa, ho visto il corpo di mio marito per terra sul pavimento. I bambini non erano più lì. Corsi per trovarli ovunque e mi sono ritrovata in Camerun. Da lì, seguendo la corrente e un’amica sono arrivata a Niamey. Quando sono giunta mi sono recata immediatamente alla cattedrale cattolica per chiedere aiuto. L’ho ricevuto e quello mi ha permesso di una piccola casa, un lavoro e la possibilità di recuperare i miei bambini che erano in un campo profughi in Camerun. Ora sono tutti qui con me. La più grande, ora ha 16 anni, è stata violentata da un ribelle e ferito un braccio. Ha dato alla luce un bambino che viene su bene. Ho avuto molto presto il documento della Croce Rossa e quello mi ha permesso di beneficiare di aiuti specifici per l’educazione dei miei figli. Spero di fare una nuova vita qui.

Fermiamo immediatamente il massacro

L’Europa nasce o muore nel Mediterraneo

La pace, la sicurezza, il benessere sociale ed economico possono essere raggiunti solo nel rispetto dei diritti umani universali di ogni donna e di ogni uomo. L’area del Mediterraneo è una polveriera e il mare è orami un cimitero a cielo aperto. Dall’inizio del 2015 nel Mediterraneo sono oltre 1.700 morti. L'Europa, per la storia, la cultura, la geografia e del commercio, è parte integrante di questa zona, ma sembra aver perso la memoria. Il dramma dei rifugiati e dei migranti, ma l'abbandono alle organizzazioni criminali, il dibattito su come, dove e chi colpire per impedire l'arrivo di uomini e donne in cerca di rifugio o una vita dignitosa in Europa, non è che l'ultimo atto che dimostra la mancanza di visione politica da parte dei governi europei. Questa situazione drammatica ha delle responsabilità precise: le scelte politiche e le leggi dei governi europei, che non permettono alcuna via d’accesso sicura e legale nel territorio europeo. La risposta dell’UE, ha confermato nell’Ordine del giorno europeo sull’immigrazione, propone nuove soluzioni che hanno già dimostrato di essere miopi e di produrre degli effetti opposti rispetto agli obiettivi dichiarati. Il fatto di aumentare le risorse per avere più controlli e più mezzi per pattugliare le frontiere, invece di salvare le vite umane, è sbagliato e non arresterà le persone che vuole partire per l’Europa. I conflitti irrisolti e le guerre hanno prodotto finora più di quattro milioni di rifugiati palestinesi, circa duecento mila del Saharawi, accampati nel deserto algerini, nove milioni siriani tra sfollati e rifugiati, due milioni di profughi irakeni. Per anni c’è un flusso di uomini e donne dell’Afghanistan e dall’inferno della Libia, e di persone che sono in fuga dalla Somalia, dall’Eritrea, dal Sudan e dagli altri Paesi africani. Dietro le storie di queste persone, non c’è solo la povertà, le malattie, le dittature e le guerre, ma anche degli interessi politici ed economici internazionali. Le guerre, le povertà, il saccheggio delle risorse naturali, lo sfruttamento economico e commerciale, le dittature sono le cause delle migrazioni contemporanee. Essere liberi di muoversi, la migrazione deve essere una conquista di umanità, non un vincolo. L’Europa deve costruire una risposta di pace, di convivenza, la convivenza, il benessere sociale ed economico, ispirandosi ai principi di solidarietà e di abbandonare le politiche di sicurezza, di austerità, degli accordi commerciali neoliberisti, della privatizzazione dei beni comuni. L’Europa deve investire per un lavoro dignitoso, nella giustizia sociale, nella democrazia e la sovranità dei popoli. Noi siamo l’Europa. Dobbiamo costruire l’Europa sociale e solidale. Per uscire dall’emergenza e costruire l’Europa del futuro, proponiamo dieci priorità.

1- L’Unione Europea deve attivare immediatamente una ricerca e un programma di salvataggio nella zona mediterranea.

2- E’ necessario immediatamente ritirare tutte le ipotesi di intervento armato contro navi o barche, che non solamente mancano di ogni legittimità, come ha confermato il segretario dell’ONU Banki-Moon, ma è anche in grado di produrre solo più morti e di favorire nuovi conflitti. E’ necessario abbandonare l’ennesimo strumento di una più grande strategia di esternalizzazione delle frontiere europee.

3- E’ necessario aprire immediatamente i canali umanitari e le vie di accesso legali nel territorio europeo, l’unico modo realistico per evitare la morte e la lotta è quella di evitare i viaggi della morte e combattere gli scafisti. E’ necessario attivare contemporaneamente la direttiva 55/2001, garantendo anche uno strumento di protezione europeo, che consentono la gestione di flussi straordinari e la circolazione dei rifugiati nel territorio dell’Unione Europea.

4- Bisogna sospendere il trattato di Dublino e permettere ai rifugiati di scegliere il Paese dove andare, sostenendo economicamente, da un fondo europeo “ad hoc” l’accoglienza in questi Paesi sulla base della ripartizione dei rifugiati. Tutto questo nella prospettiva di arrivare presto ad un sistema unico europeo d’asilo e di accoglienza condiviso da tutti gli stati membri.

5- Nell’attesa di un sistema europeo unico, è necessario realizzare in tutti i Paesi membri, un sistema stabile, unitario e comune per piccoli gruppi chiudendo definitivamente la stagione dell’emergenza permanente e i grandi centri di accoglienza, che hanno prodotto e producono sia la corruzione sia l’appropriazione indebita dell’accoglienza. Un sistema pubblico che metta al centro la dignità delle persone, con la partecipazione dei territori, dei comuni, con delle persone competenti, delle procedure trasparenti e dei controlli indipendenti.

6- E’ necessario intervenire in numerose zone di crisi per trovare soluzioni di pace, senza ulteriori guerre o sostenere dittatori vecchi e nuovi, promuovendo la risoluzione dei conflitti e le transazioni democratiche, la protezione civile e disarmata, le azioni non violente, i Corpi della pace, il dialogo tra le differenti comunità.

7- E’ necessario sospendere gli accordi - come il processo di Rabat e Khartoum - con quei governi che non rispettano i diritti umani e le libertà, bloccando immediatamente la fornitura di armi.

8- E’ necessario programmare interventi di cooperazione per lo sviluppo locale sostenibile nelle zone più povere, dove lo spopolamento e la migrazione sono endemiche e non devono permettere alle multinazionali di utilizzare i programmi europei di aiuto allo sviluppo per interessi privati.

9- E’ necessario sostenere un grande piano di investimenti pubblici verso un'economia di pace, un lavoro dignitoso e per la conversione ecologica.

10- E’ necessario sostenere la rinegoziazione dei debiti pubblici e l’affrancamento di quelli non esigibili o di prodotti da accordi o di gestioni di favore o di corruzione. Salvare vite umane, proteggere le persone, non i confini!

Traduzione dal francese di Giuseppe Faretra

° http://www.notiziegeopolitiche.net/?p=52764

 

 

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