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Oltre la plastica verso la bioplastica

Oltre la plastica verso la bioplastica.

L’amido: la materia prima compostabile verso una nuova vita merceologica.

Se la plastica ha rappresentato un’innovazione nella realizzazione di nuovi oggetti, e di varie forme applicative: dal design agli articoli monouso, negli ultimi anni la ricerca nel campo della sostenibilità ambientale si stanno ancora sviluppando nuovi materiali che rivalutano tutte le forme di una nuova sostenibilità: dal riciclaggio alla compostabilità, ad eventuali forme di riutilizzo con altri usi. Dal 2021,secondo la nuova Direttiva Europea, tutta la plastica monouso scomparirà. Questa nuova direttiva prevede anche che il 90% delle bottiglie di plastica debba essere raccolto dagli Stati membri entro il 2029. Inoltre, le bottiglie di plastica dovranno contenere almeno il 25% di materiale riciclato entro il 2025 e il 30% entro il 2030. Le nuove norme normano l'obbligo di etichette con informazioni sull'impatto ambientale di filtri di sigarette, salviette umidificate, tovaglioli sanitari e similari. In Italia, l'importanza delle bioplastiche è nello sviluppo dell'economia circolare, compresa la filiera dei rifiuti organici e del compostaggio, di cui, il nostro Paese è leader in Europa. Sicuramente, è necessario fare ulteriore ricerca in questo campo per sviluppare nuovi materiali più vicini all’ambiente: con sempre un minore impatto verso il biologico e/o biodegradabile. Da un punto di vista merceologico, l’amido è un polimero naturale costituito da catene complesse di molecole di glucosio. L’amido è un carboidrato –polisaccaride- presente in numerose piante: come mais, patate, grano, ecc., largamente disponibile in natura. Uno di questi sono quelli con la base amido di mais: resistente e compostabile, quindi, ideale per uso alimentare come, ad esempio, le stoviglie monouso come il Mater-bi o il Biolice, composto da farine di grano e mais, quest’ ultima degradabile in dodici settimane. Sempre nel campo alimentare e non, si sta affermando un nuovo cartone con certificazione ambientale proveniente dal riciclo di cellulosa e non dall’abbattimento di altri alberi. L’HempBioPlastic (HBP) – dall’inglese “hemp” cioè “canapa” si desume essere non solo più efficiente rispetto ad altre bioplastiche, ma anche più leggero del 20% e più resistente del 30%. I filamenti in bioplastica da canapa sono ideali per la stampa 3D con la quale vengono realizzati gli oggetti più disparati come occhiali, vasi, giocattoli, ciotole e contenitori. Il PLA è uno dei primi biopolimeri prodotti commercialmente, è disponibile da diversi produttori, dotato di versatilità applicativa con prestazioni paragonabili a quelle dei polimeri petrolchimici. E’, facilmente riciclabile con diverse tecniche: meccanico e chimico, è trasparente, rigido, ha bassa resistenza termica e limitate proprietà di effetto barriera. PHA è opaco, traslucido, da rigido a elastomerico, ha una buona resistenza termica e ha la proprietà di effetto barriera. In questo modo, si ottiene il superamento dell’imballaggio in pellicola di plastica o pvc, verso nuovi materiali biodegradabili, organici, naturali provenienti da piante come provenienti dal bamboo, il coir componente dalla parte esterna del guscio di cocco, la sisal ottenuta dall’agave, o la piña, derivata dagli scarti della lavorazione dell’ananas. Ottenuta da biomassa di scarto e canapa è il Kanésis, una nuova bioplastica. Ci sono, anche, quelli ricavati da origine animale come dalla caseina del latte e/ o di altre origini naturali, ma abbinando più sostanze compostabili. In prospettiva, con un possibile aumento dei prezzi dei prodotti petroliferi, e la normativa che riduce gradualmente la plastica tradizionale, specie quella monouso, con l’ottimizzazione della filiera, dei processi e con un adeguato sviluppo, i biopolimeri potrebbero diventare competitivi anche dal punto di vista economico. Il progresso dei biopolimeri richiede un adeguamento delle tecniche di compostaggio e un ripensamento delle problematiche di riciclo dei polimeri stessi. Intanto, anche il mondo del commercio si sta aprendo a questi nuovi materiali: catene di supermercati stanno valutando un business plan con un rinnovato approccio sostenibile verso questi prodotti innovativi. In questo caso, un ruolo importante possono averla i mezzi di comunicazione sociale, nello spingere verso questi materiali innovativi e il ruolo sociale che hanno le associazioni come Legambiente: perché l’ecologia non significa sempre privarsi di qualcosa, ma cercare di usare le sostanze naturali o composte in modo sostenibile.

Una guerra alla plastica

Una guerra alla plastica.

Il materiale largamente utilizzato in vari modi e forme sta facendo il suo tempo con lo sviluppo di nuovi materiali.

E’ un materiale largamente impiegato in varie forme e colori, si utilizza in vari luoghi e contesti… In sintesi, la plastica, l’Italia è stata tra i produttori con un impiego fino ai vari utensili domestici: dopo il secondo conflitto mondiale, le scoperte dettate da esigenze “militari” invadono il mondo civile. Gli anni ’50 vedono la scoperta delle resine melammina-formaldeide, lo si conosce sotto la denominazione commerciale di una specifica tra esse, la “Fòrmica”, che permettono di produrre laminati per l’arredamento e di stampare stoviglie a basso prezzo, mentre le “fibre sintetiche” (poliestere, nylon) vivono il loro primo boom, alternativa “moderna” e pratica a quelle naturali. Quegli stessi anni sono però soprattutto segnati dall’irresistibile ascesa del Polietilene, che trova pieno successo solo due decenni dopo la sua invenzione, sfruttando il suo più elevato punto di fusione per permettere applicazioni sino ad allora impensabili, e dalla scoperta di Giulio Natta nel 1954 del Polipropilene isotattico, a coronamento degli studi sui catalizzatori di polimerizzazione dell’etilene che gli varranno nel 1963 il Premio Nobel insieme al Tedesco Karl Ziegler, che l’anno precedente aveva isolato il polietilene. Il Polipropilene sarà prodotto industrialmente dal 1957 col marchio “Moplen”, rivoluzionando le case di tutto il mondo ma entrando soprattutto nella mitologia italiana del “boom economico”. Da allora, le plastiche hanno invaso non solo la nostra vita, ma hanno creato un forte impatto ambientale con la fine vita dell’uso degli oggetti plastici di utilizzo quotidiano, si è creato un problema di smaltimento, nonché l’inciviltà di alcuni cittadini hanno creato nuove forme di inquinamento specie nelle parti periurbane o di accesso delle nostre città, non solo talvolta, nelle acque, tanto che è possibile trovare le microplatiche nei pesci. Un’inversione, però, è lentamente iniziata: con il primo gennaio 2011 è entrato in vigore il divieto di commercializzare i sacchetti di plastica verso sacchetti biodegradabili si intendano esclusivamente quelli che rispondono ai requisiti di biodegradabilità e compostabilità definiti dalla norma UNI EN 13432. Dal primo gennaio di quest’anno sono stati banditi i bastoncini per la pulizia delle orecchie. Gradualmente vedremo scomparire piatti e stoviglie monouso in plastica. In questo modo, si eviterà l'emissione di 3,4 milioni di tonnellate di anidride carbonica, si scongiureranno danni ambientali per un costo equivalente a 22 miliardi di euro entro il 2030, si genereranno risparmi per i consumatori nell’ordine dei 6,5 miliardi. Oltre a questo, dice sempre la Commissione europea, “le future regole offriranno la chiarezza, la certezza del diritto e le economie di scala di cui le imprese hanno bisogno per imporsi nei nuovi mercati delle alternative innovative multiuso, dei nuovi materiali e dei prodotti di migliore concezione”. Legambiente sensibilizza verso una conversione più ecologica, mettendo in moto dei cambiamenti nelle abitudini che partono dalle scelte dei cittadini: dalla scelta dei materiali, è possibile sostituire, per esempio, le stoviglie monouso con quelle in amido di mais compostabile, prodotto in Italia, anche in questo campo, come quello di portarsi la sporta da casa, quando si fa la spesa o utilizzare borse o buste di materiali composti, più resistenti, ma non monouso. E’ necessario inserire nei capitolati pubblici di mense, ospedali e d’interesse pubblico, materiali compostabili per produrre meno rifiuti che possano andare in discarica. I comportamenti collettivi possono generare nuovi stili di vita. Su questo ci vuole l’impegno di tutti.

Il futuro che verrà

Il futuro che verrà

Usi e costumi per uno migliore ..Situazioni , scenari e prospettive. Per un nuovo anno…

Siamo in vena di analisi della situazione ambientale nella nostra realtà. Se il bisogno di un ambiente più pulito e più bello è per noi importante, è fondamentale per l’ecosistema della nostra città, ma purtroppo constatiamo dalla cronaca i continuati e ripetuti abbandoni e sversamenti di ogni tipo di rifiuti nelle aree marginali o periferiche anche nella zona del parco nazionale dell’Alta Murgia. Questi comportamenti, lo ricordiamo, generano delle emergenze ambientali: quelle situazioni dove la presenza di rifiuti (anche contenenti amianto) e i comportamenti illeciti di singole persone o attività produttive, in aree pubbliche o private, possono creare problemi di carattere igienico-sanitario ed un grave pregiudizio per l'ambiente. Purtroppo, sono presenti, secondo il Ministero dell’Ambiente, 12.482 siti da bonificare in Italia dal 1988, si richiede la bonifica di luoghi e siti a livello nazionale, ma spesso sono a livello zero bonifica. Non solo nel 2017, anche se il dato non è ancora ufficiale, si stima che le emissioni di gas serra in Italia siano cresciute fra lo 0,5% e l’1%. Negli ultimi 4 anni, in presenza di una modesta ripresa economica, il processo di decarbonizzazione sembra essersi fermato: l’intensità energetica del Pil è rimasta costante attorno ai 120 tep per milione di euro. È presto per fare una valutazione complessiva dell’operato di questo nuovo governo in materia di green economy e di sviluppo sostenibile. Se leggiamo il primo Documento di programmazione economica e finanziaria e le prime bozze commentate dalla stampa della manovra economica e della legge di bilancio, non pare proprio che la sostenibilità e le scelte di green economy siano fra le vere priorità, come anche a livello regionale sembra un ritorno ad un approccio vecchio all’incenerimento dei rifiuti. Siamo in attesa di misure importanti: il nuovo decreto sulle rinnovabili, la risoluzione delle questioni aperte per l’End of Waste dopo una sentenza del Consiglio di Stato, il recepimento delle nuove Direttive europee sui rifiuti e l’economia circolare e il Piano delle misure per l’energia e il clima con quale approccio e con quali misure operative. Questo pacchetto farà capire qualcosa di più della direzione di marcia di questo governo in materia di sostenibilità e green economy. Un nuovo approccio dei sussidi negativi e neutrali per l’ambiente sembra certamente una priorità nel cambiamento dell’economia in direzione di una green economy. Molto può essere fatto ancora…. Legambiente si è battuta per l’eliminazione delle plastiche monouso di consumo quotidiano. Le microplatiche possiamo trovare in tutte le forme nel ciclo alimentare. C’è ancora tanto da fare, ma bisogna partire dall’educazione e dall’autoeducazione nei semplici gesti quotidiani, dalle scelte individuali diventano situazioni collettive, per questo è necessario investire nel campo della formazione dalla ricerca nel campo della sostenibilità a rispolverare semplici e buone pratiche di uso e di riuso per sviluppare comportamenti sostenibili. Questo forse è il migliore augurio per l’anno che viene e che verrà, ma l’impegno tocca a tutti….

Economia circolare, un ritorno al modello “natura”

Economia circolare, un ritorno al modello “natura”

In un’economia circolare, il rifiuto diventa risorsa, resta all’interno del sistema economico e viene usato per creare nuovo valore. Questo concetto si può tradurre in un vasto corollario di nuove abitudini di produzione e consumo.

In natura, il concetto di rifiuto è sconosciuto e tutte le risorse si trasformano costantemente per diventare nuovamente utili all’ecosistema. Il frutto di un albero è prima cibo per gli animali e poi concime per la vegetazione; l’ossigeno, scarto della respirazione delle piante, mantiene in vita altre specie viventi; l’acqua che evapora dai mari, mantenendone l’abitabilità tramite un processo di termoregolazione, irriga la terra. La specie homo sapiens è stata la prima ad interrompere questa tradizione biologica, dando vita ad un modello economico cosiddetto lineare, in cui le risorse vengono estratte dall’ambiente e trasformate in prodotti che verrano poi consumati e scartati, divenendo rifiuti da ammassare nelle discariche. Tuttavia, proprio negli ultimi anni le associazioni di consumatori, i governi e i privati hanno intrapreso un percorso di studio e cambiamento che mira a trasformare questo processo, rendendolo più simile a quello naturale. Al nuovo modo di produzione è stato dato il nome di economia circolare. In un’economia circolare, il rifiuto diventa risorsa, resta all’interno del sistema economico, e viene usato per creare nuovo valore. Questo concetto si può tradurre in un vasto corollario di nuove abitudini di produzione e consumo. Ad esempio, si pensi ad un prodotto che possa essere disassemblato nelle sue varie componenti per essere riciclato e quindi immesso nuovamente nel ciclo produttivo per diventare qualcos’altro. In questo senso, acquista una grande importanza il concetto di ecodesign, ossia la progettazione in partenza del prodotto secondo i principi della modularità e dell’uso esclusivo, per quanto possibile, di materiali riciclabili. In questo senso, già attualmente alcune grandi aziende utilizzano dei programmi di richiamo dei propri prodotti in disuso presso i clienti, per poterli riciclare e riutilizzare nella produzione. Secondariamente, prima di giungere al suo riciclo, in un’economia circolare il prodotto è pensato per essere rivenduto facilmente da utilizzatore ad utilizzatore. Perché questo sia possibile, naturalmente, è necessario che il prodotto duri più a lungo; deve dunque essere eliminata la durata programmata dei beni, molto spesso riscontrata ad esempio nei cellulari, a vantaggio della durabilità e riparabilità del prodotto. Un altro punto di forza dell’economia circolare è la sostituzione della produzione di beni con l’offerta di servizi. Un esempio molto utile è quello delle auto; sostituire l’acquisto di un auto per famiglia con il car sharing, ossia la condivisione di un’unica vettura tra diversi individui che ne hanno bisogno, può portare benefici all’ambiente, risparmio economico al singolo e creare nuove professionalità che gestiscano il servizio. Infine, naturalmente, un altro tassello importante riguarda l’energia, che dovrebbe essere reperita tramite fonti rinnovabili e non risorse destinate ad esaurirsi. Il passaggio a questo tipo di economia richiede senza dubbio un ripensamento del nostro modo di vivere, che tuttavia non deve necessariamente coincidere con una forma di privazione. Un nuovo modo di produrre e consumare può portare opportunità che finora non erano ancora state previste. Questa prospettiva trova conferma nel fatto che ormai molte imprese, anche multinazionali, si sono dette interessate al modello e hanno investito per realizzarlo. Nel privato, infatti, il riutilizzo delle materie riciclate può aiutare ad abbassare i costi per l’acquisto di materie nuove; l’utilizzo di energia rinnovabile può abbattere i costi dell’approvvigionamento energetico; inoltre, l’innovazione tecnologica necessaria a produrre beni circolari può aumentare la competitività di queste aziende, rendendole capaci di proporre prodotti nuovi e all’avanguardia e garantendo loro un vantaggio comparato. Allo stesso modo, dal punto di vista sociale, l’economia circolare porterebbe alla comparsa di nuovi posti di lavoro legati a figure professionali e a nuove competenze relative ai servizi, alla manutenzione e alla riparazione anziché al lavoro di produzione che invece è ormai in larga parte automatizzato. Naturalmente, l’impatto più grande si otterrebbe sul piano ambientale. Non solo per il minore impatto che il consumo avrebbe sulle risorse del pianeta, ma anche sull’inquinamento atmosferico e sul riscaldamento globale derivanti dalla produzione.

Elogio della bicicletta

Elogio della bicicletta

Il ciclo non ha controindicazioni stagionali, muove un’ economia ciclabile e rende più vivibili le nostre città.

 

Sweet and slow are beautiful. La bicicletta ci accompagna in tutte le stagioni dell’anno e della vita. Da piccoli, ci hanno regalato un triciclo di varie grandezze e colori, si passa a chi le ha di varie dimensioni, grandezze, modelli e di telaio rispetto all’altezza del ciclista.

 

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