Un No per promuovere la sostenibilità
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- Pubblicato Mercoledì, 22 Aprile 2015 14:47
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I gruppi di società sono destinati ad essere inclusi anche durante l'elaborazione di nuovi regolamenti e leggi se i loro interessi commerciali potrebbero essere implicati. Il nome per questo è: "la cooperazione normativa". Ciò significa che i rappresentanti delle grandi imprese sono invitati a partecipare a gruppi di esperti di influenzare nuovi progetti di legge, prima che queste vengano discusse nei parlamenti democraticamente eletti nei vari Paesi europei. A farne principalmente le spese in un processo che porterà alla progressiva mercificazione di servizi pubblici e di beni comuni, nonostante in Italia abbiamo strenuamente difeso dal tentativo di privatizzazione dell’acqua pubblica del governo Berlusconi nel 2012 e contro il tentativo dell’inserimento del nucleare, con i comitati nazionali e locali abbiamo raccolto le firme e sensibilizzato la popolazione anche di fronte al blackout di alcuni Media nazionali, in cui Legambiente è stata tra le realtà sociali capillarmente più attive. Un rischio che viene tenuto sotto traccia a causa di trattative svolte a porte chiuse, sotto la forte pressione delle lobby delle industrie private senza un coinvolgimento efficace dei Parlamenti e del Congresso e senza che i cittadini vengano adeguatamente informati. Tra i principali obiettivi del negoziato, c’è la tutela dell’investitore e della proprietà privata, grazie alla costituzione di un organismo di risoluzione delle controversie, un vero e proprio arbitrato internazionale, a cui le aziende potranno appellarsi per rivalersi su Governi colpevoli, a loro dire, di aver ostacolato la loro corsa al profitto. Qualsiasi regolamentazione pubblica che tuteli i diritti sociali, economici ed ambientali, con la scusa della tutela della competizione e degli investimenti, rischierà di soccombere dinanzi alle esigenze delle aziende e dei mercati, tutelate da sentenze che saranno a tutti gli effetti inappellabili. Scenari che si sono già avverati nell'ambito di altri trattati di libero scambio come il Nafta, o che hanno permesso a una multinazionale energetica come la Vattenfall di citare in giudizio il Governo tedesco per la decisione della Germania di chiudere le proprie centrali nucleari. Per questo, come movimenti e organizzazioni sociali italiane, abbiamo deciso di impegnarci per obiettare a un disegno politico che ha nella mercificazione dei diritti e nella tutela dei mercati il suo obiettivo principale. Le grandi imprese ha avuto, ed ha ancora, eccessiva influenza sui negoziati segreti relativi al CETA e TTIP. Solo nella fase preparatoria per TTIP, 590 incontri tra la Commissione europea e rappresentanti della lobby, secondo le dichiarazioni ufficiali. 92% di questi incontri erano con i rappresentanti delle aziende, mentre solo in alcuni casi ci sono state discussioni con i rappresentanti dei consumatori e dei sindacati. Ed anche durante i negoziati, rappresentanti dell'industria esercitano influenza. Alcune formulazioni in progetti di testi che sono filtrati attraverso al pubblico provengono direttamente dalle penne di lobbisti aziendali. I negoziati sono condotti in segreto. Nel corso di questi giorni si stanno tenendo questa settimana che precedono il 25 aprile a New York senza che siano presenti ONG o osservatori indipendenti. Anche i nostri rappresentanti pubblici sanno poco o nulla circa il loro progresso. Essi ricevono i risultati sotto forma di accordi (l'accordo CETA, per esempio, ha circa 1.500 pagine), solo dopo la conclusione dei negoziati, e sono quindi in grado solo di accettare o rifiutare l'intero accordo senza poter chiedere modifiche o adeguamenti a tutela di persone o prodotti di qualità. I diritti dei lavoratori sono sottoposti a revisione, e i posti di lavoro in numerose industrie sono in via di estinzione. Negli Stati Uniti, solo alcuni diritti di base per i dipendenti sono ammessi. In agricoltura e nell'industria elettrica, massicce perdite di posti di lavoro potrebbero verificarsi a causa della forte concorrenza dall'estero. Il trattato comporterebbe l’impossibilità di qualsivoglia controllo sui movimenti di capitali e sulla speculazione bancaria e finanziaria; la difesa dei diritti di proprietà delle imprese sui brevetti metterebbe a rischio la disponibilità di beni essenziali, quali ad esempio i medicinali generici. Così come la difesa dei diritti di proprietà intellettuale possono limitare la diffusione della conoscenza e delle espressioni artistiche; il fracking, potrebbe diventare una pratica tutelata dal diritto. Le compagnie estrattive interessate ad operare in questo settore potrebbero chiedere risarcimenti agli Stati che ne impediscono l’utilizzo. In questo modo si violerebbe il principio di precauzione sancito dall’ Unione Europea, incentivando iniziative economiche che mettono in pericolo la salute umana, animale e vegetale, nonché la protezione dell’ambiente; i giganti della rete cercherebbero di indebolire le normative europee di protezione dei dati personali per ridurli al livello quasi inesistente degli Stat Uniti, autorizzando in questo modo un accesso incontrastato alla privacy dei cittadini da parte delle imprese private; il trattato impedirebbe qualsiasi possibilità di scelta autonoma degli Stati in campo economico, sociale, ambientale, provocando la più completa esautorazione di ogni intervento da parte degli enti locali: il TTIP attraverso l’armonizzazione delle normative europee in ambito energetico, incentiverebbe l’importazione di biomasse americane che non rispettano i limiti minimi di emissione di gas a effetto serra e altri criteri di sostenibilità ambientale. Legambiente non è assolutamente d’accordo nei confronti di logiche che vanno contro la tutela e i diritti dei lavoratori, dei cittadini-consumatori,le produzioni tipiche e di qualità presenti sul nostro territorio nazionale, che impatterebbero con il vero falso alimentare dei prodotti dell’Italian sounding- di prodotti che richiamano le specialità gastronomiche di eccellenza italiana con la concreta possibilità che possano essere introdotti gli OGM (Organismi Geneticamente Modificati). La liberalizzazione e la privatizzazione sono destinati a diventare strade a senso unico per produrre utili senza il rispetto dell’ambiente e dell’uomo. Il ritorno dei servizi pubblici, ospedali, o la raccolta dei rifiuti al settore pubblico una volta che sono state privatizzate sarebbe reso più difficile o addirittura impossibile attraverso CETA e TTIP.I negoziati si stanno tenendo da due anni senza alcuna partecipazione di quelle realtà che sono portatrici di interessi pubblici e diffusi. Come mai? Come mai il silenzio dei grandi Media nel campo della comunicazione? Perché i silenzi rumorosi dei Governi europei? Legambiente aderisce alla campagna Stop TTIP Italia e alla manifestazione del 18 Aprile. L’intero negoziato continua, infatti, ad essere condotto in larga parte in segreto, escludendo gli stessi Parlamenti, e porterebbe ad una messa in discussione di standard e normative ambientali e sociali, considerate troppo spesso come impedimenti tecnici al libero commercio. Sotto attacco sono anche gli standard che riguardano la sicurezza dei cibi, dell’ambiente, dei luoghi di lavoro, della chimica, gli stessi contratti di lavoro. Per fare un esempio, che ci coinvolge direttamente, se passeranno questi trattati non sarà più possibile per un Paese come l’Italia mettere al bando del proprio territorio gli OGM, ma anche il made in Italy, dell’agroalimentare come del manifatturiero avanzato, non potrà più difendersi dalle falsificazioni. Speriamo anche a livello locale di creare un comitato per sensibilizzare tutte le realtà sociali presenti. Saranno diverse le iniziative in Italia, qui sotto trovate i riferimenti per informazioni e adesioni.
http://stop-ttip-italia.net/iniziative-18-04-2015/