Restare a casa per diventare più liberi





Restare a casa per diventare più liberi

Ci sono una serie di emergenze ma l’impegno di tutti può portare a buoni risultati.

L’ invito è diventato un loop da tutti gli opinion leaders e i vari reportages hanno mostrato le zone di crisi del Coronavirus specialmente nel nord Italia, dove un’atmosfera rarefatta e sospesa, interrotta dalle sirene delle autoambulanze in attesa per ore davanti agli ospedali dove il personale sanitario opera in piena emergenza.

 

Questa situazione ci ha obbligato in pochi giorni a fare i conti con rallentamenti forzati e con cambiamenti radicali negli stili di vita: spostamenti delle persone ridotti ai minimi termini, riunioni di lavoro annullate, bambini e ragazzi a casa da scuola, vita sociale azzerata, purtroppo non per tutti qui da noi e abitudini stravolte per alcuni. Una situazione che non si era mai verificata nel dopo guerra. Uno stato di eccezionalità da cui sarebbe utile trarre anche qualche insegnamento. Da questa crisi sconteremo conseguenze pesanti sia a livello sociale che economico per lungo tempo. Ma deve essere anche un’occasione di riflessione e potremmo imparare anche qualche cosa di utile per il futuro, sia a livello politico e di comunità, sia rispetto ai nostri stili di vita. A livello politico sicuramente abbiamo fatto una scoperta: la capacità di intervento che le istituzioni locali e gli organismi internazionali hanno mostrato di poter mettere in campo rispetto a un rischio collettivo che ci minaccia. Di fronte all’ipotesi di un contagio incontrollato, in queste settimane c’è stata una reazione fortissima che ha messo in secondo piano gli indici di borsa e ridimensionato persino la litigiosità a caccia di consenso tra schieramenti politici. Si può verificare una capacità di definire le priorità collettive che purtroppo manca in tanti altri casi di emergenza, in particolare per i rischi ambientali. Se guardiamo ai rischi derivanti dal cambiamento climatico l’attuale rischio del Coronavirus sembra quasi trascurabile. Per il clima ci sono proiezioni di mortalità annua in crescita vertiginosa (250.000 morti/anno al 2024), previsioni di danni economici dell’ordine delle centinaia di miliardi di dollari all’anno, spinte sempre più immani alle migrazioni di massa. Qualche studio avanza anche il rischio della fine della nostra civiltà. Per il CNR dal 2010 al 2017 solo in Italia ci sono state 45.000 persone evacuate per eventi climatici estremi. Qualche studio avanza anche il rischio della fine della nostra civiltà. Per il CNR dal 2010 al 2017 solo in Italia ci sono state 45.000 persone evacuate per eventi climatici estremi. Le agenzie assicurative già oggi faticano a coprire i danni climatici per l’agricoltura e si domandano come potranno coprire i rischi crescenti sugli immobili. Sono tutte affermazioni fondate su dati già disponibili o su stime prodotte dal mondo scientifico, così come lo sono quelle relative al Coronavirus. Ma inquinamento e clima non hanno generato finora le stesse reazioni del Coronavirus: eppure minacciano di più i nostri figli di quanto non faccia il virus. La differenza fondamentale è il fattore tempo: ci è stato spiegato che il rischio del Coronavirus deriva dalla velocità dei contagi che ci potrebbe portare in tempi brevissimi all’incapacità del Sistema sanitario a ricevere tutti i malati e dunque al suo collasso. È questo il rischio più serio di questa epidemia, prima del tasso di mortalità del virus. Anche per il clima tutti dicono che dobbiamo prendere subito decisioni drastiche, pena conseguenze incalcolabili, ma il rischio appare più indistinto perché più lontano. È un atteggiamento umano: anche a livello di percezione individuale ognuno di noi si preoccupa molto di più di un piccolo infortunio nella vita di tutti i giorni che di un ipotetico rischio mortale tra qualche anno. Ma se questo vizio di percezione, che rende debole l’azione contro il cambio climatico, risulta comprensibile a livello emotivo non può essere accettato sul piano razionale. E a maggior ragione non può esserlo sul piano dell’azione delle istituzioni e della politica. La riflessione che tanti stanno facendo in questi giorni sulle fragilità della nostra società probabilmente produrrà esiti utili: servirà a ridare forza al Sistema sanitario nazionale e nella diffusione di una maggiore cultura della prevenzione. Ma sarà vitale estendere questa fase di riflessione anche agli altri pericoli mortali che ci minacciano e alle politiche di prevenzione che dovremo mettere in campo. Pertanto, questo stare a casa possa diventare un modo non forzato una forma di arresti domiciliari collettivo, ma possa sviluppare una nuova consapevolezza per allargarci a nuovi stili di vita semmai più compatibili. Un pensiero particolare: vogliamo virtualmente abbracciare a tutte le persone che vivono situazioni di fragilità a queste diamo un virtuale abbraccio ricordando a tutti di restare a casa il più possibile. Poi, ci ricontreremo insieme per fare della nostra nuova esperienza sociale un impegno collettivo per salvaguardare il nostro Pianeta: la casa di tutti noi….Ma per ora …..Restiamo a casa!!!!

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