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Un parco amico

Un parco amico

L’attività del presidente Cesare Veronico tra compatibilità ambientale e sviluppo.

Da ormai due anni Cesare Veronico è il presidente del parco nazionale dell’Alta Murgia. L’impegno ambientale e sociale sono noti a livello istituzionale sin dalla fine degli anni Ottanta per  l’ambiente, ricoprendo anche  come gli incarichi  assessore all’ambiente nella città di Bari (1993)e provinciale con la delega alla Pianificazione, Trasporti e Protezione Civile (2000).

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Per l'ambiente

Per l’ambiente

Il giurista Amedeo Postiglione ,giudice emerito della Corte di Cassazione parla dell’evoluzione del diritto nel campo ambientale     L’impegno per l’ambiente è tra gli obiettivi del dottor Amedeo Postiglione,giudice emerito della Corte di Cassazione. E’ promotore e coordinatore del Gruppo di lavoro su Ambiente e Territorio della Corte suprema e docente di Diritto Ambientale presso l'Università di Roma "La Sapienza".  Ha scritto diverse pubblicazioni nel campo giuridico _ambientale: Il villaggio globale senza regole , 1992. Tribunale Internazionale dell'Ambiente, 1992. L'Informatica Giuridico Ambientale in Italia, realizzazioni e Prospettive, 1992. Industria e Compatibilità Ambientale, 1991. Attualmente è direttore dell'ICEF,è Presidente onorario aggiunto della Corte Suprema di Cassazione italiana e Vice Presidente del Forum Europeo dei Giudici per l'Ambiente. Ho constato la determinazione di un impegno costante nelle diverse istituzioni nazionali e sovranazionali, per determinare una nuova gestione dell’ambiente che non escluda nessuno,ma valorizza l’impegno per la nostra madre Terra.    Ci può dare una definizione di economia ambientale sostenibile ?   Esistono molte definizioni di sviluppo sostenibile. Nella realtà, finora, il concetto di sviluppo è stato soprattutto economico-sociale, nel senso che è stata l’economia il motore dello sviluppo. Questo finora è stato il trend essenziale. L’ambiente storicamente è nato in epoca relativamente recente come preoccupazione per il tipo e il modo di produzione e di consumo, che appariva non conforme alle esigenze di salute e di tutela della qualità delle risorse. Oggi, l’ambiente e l’economia si sono molto avvicinate, nel senso che si è compreso che l’ambiente è economia, e viceversa. L’economia naturale , cioè quella che la natura ha sperimentato in milioni di anni, produce “rifiuti” tutti riciclabili nei cicli naturali. L’uomo non riesce ancora in questo compito. L’economia, adesso, deve cercare di sviluppare energie rinnovabili perché le risorse energetiche fossili tendono ad esaurirsi. Inoltre, l’economia deve evitare l’uso eccessivo delle risorse naturali, e assicurare l’equilibrato uso di esse. “Sostenibile”, riferito allo sviluppo, non è che un aggettivo qualificativo. Meglio dire “società sostenibile”, “economia sostenibile”. La sostenibilità va riferita alla vita sulla Terra, nel senso che questo è il criterio unico veramente fondamentale. Una società sostenibile, una economia sostenibile, sono tali solo se consentono di non squilibrare la continuità della vita sulla Terra.      Nella dottrina del diritto, quali sono le prospettive del diritto ambientale ?   Le prospettive del diritto ambientale sono legate alla tipologia di nuove convenzioni-quadro che riguardano i settori dell’ambiente non ancora coperti. Un aspetto collegato è quello che riguarda l’evoluzione dei diritti umani, stante il legame fra essi ed il diritto umano all’ambiente. Informazione, partecipazione e accesso sono dei diritti umani procedimentali che si stanno affermando anche a livello internazionale.     Quanto è importante, da un punto di vista giuridico il diritto ambientale?   Il diritto ambientale costituisce la risposta delle istituzioni ai vari livelli (nazionale, comunitario, internazionale). Le istituzioni parlano attraverso lo strumento del diritto, cioè di regole che sono necessarie per proteggere dei valori comuni condivisi come l’ambiente. Il diritto si occupa della realtà umana e sociale, per molti aspetti, quando il problema ambientale si è fatto evidente in termini di inquinamento ed uso non equo delle risorse, il diritto è stato emanato e richiede di essere attuato. Si tratta di un fenomeno di integrazione e di evoluzione di estremo interesse, che considera l’ambiente in tutte le sue dimensioni, per una risposta coerente e condivisa.     Quali sono le azioni che si dovrebbero mettere in atto per la tutela dell’ambiente?   Oggi, l’ambiente richiede una visione etica nuova in termini di responsabilità. La responsabilità verso l’ambiente è un dovere delle realtà sociali, delle istituzioni scientifiche e religiose, e del mondo delle imprese. Nella sostanza, non basta più il rapporto bilaterale pubbliche amministrazioni-soggetti obbligati (sistema di command and control). La realtà sociale e la realtà economica devono essere chiamate in prima persona a farsi carico del problema ambientale nel momento decisorio, proprio facendo valere una responsabilità comune. La governance ambientale richiede il concorso congiunto di tutti i soggetti coinvolti, pur nella specificità del loro ruolo. Quale può essere il ruolo degli organismi sovranazionali per cercare di frenare le problematiche ambientali?   Come si è detto, le Nazioni Unite hanno già svolto un ruolo a favore dell’ambiente, con varie conferenze come Stoccolma 1972, Rio de Janeiro 1992, Johannesburg 2002, e l’anno venturo Rio+20. Gli Stati sono chiamati a riconoscere organismi sovranazionali, anche per la materia ambientale, come si è detto in precedenza. Per il principio di sussidiarietà, la sovranità nazionale degli Stati rimane molto importante, ma deve essere integrata con un quadro nuovo di responsabilità, che fanno capo congiuntamente alla comunità internazionale di cui gli stessi Stati fanno parte. Per il diritto internazionale, la comunità internazionale deve diventare un autonomo soggetto giuridico; allo stesso modo, le persone umane devono diventare soggetti giuridici del diritto internazionale, e non soltanto essere meri destinatari di una protezione  indiretta da parte degli Stati. L’ambiente aiuta l’evoluzione dello stesso diritto internazionale verso filosofie più intergrate ed innovative, proprio perché è un valore comune che si pone a tutti i livelli.    Quali sono le finalità dell’ICEF ?   La Fondazione ICEF, che è Ente morale senza finalità di lucro, si occupa dal 1989 di promuovere la istituzione, a livello mondiale, di organi permanenti e specifici per l’ambiente, sia di tipo amministrativo (un’agenzia internazionale dell’Onu), sia a livello giudiziario (una vera Corte internazionale per l’Ambiente). L’interesse economico, che è quello politicamente più recepito, ha già a livello mondiale delle istituzioni, come la Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale, il WTO ed altri organismi su base regionale. L’ambiente significativamente ha solo tante norme in sede internazionale, ma non ha istituzioni ad hoc di protezione.       Quali sono le prossime attività di questa ONG ?   La Fondazione ICEf ha svolto un’attività di promozione in Italia ed all’estero, che è documentata da oltre 25 pubblicazioni in lingua italiana e inglese, e che è reperibile presso il sito www.icef-court.org. L’esame di queste pubblicazioni merita di essere fatto in modo approfondito, perché esse sono il segno di una vera e propria esperienza di anticipazione culturale  e di maturazione in parallelo con l’evoluzione politica e sociale della comunità internazionale. L’ultima iniziativa ICEF si è avuta a Roma presso il Ministero degli Affari Esteri, con la Conferenza del 20-21 maggio 2010 dal titolo “Global Environmental Governance”. La Fondazione ICEF non ha delle prossime attività da compiere, perché ha già svolto il suo compito: oggi la palla passa ai governi, perché il discorso della governance globale dell’ambiente è eminentemente un discorso politico, cioè dei governi e della comunità internazionale. La Fondazione ICEF non è una ONG come le altre, perché non si limita a denunciare problemi, ma domanda ai governi con forza di assumere le responsabilità giuridiche e politiche che sono proprie, anche in base alla più recente evoluzione del diritto internazionale dell’ambiente. Certo, sarebbe opportuno un coordinamento di ONG come fattore di pressione, ma quello che è decisivo è di non interpellare solo esperti, ma andare direttamente al cuore del problema, che è quello di “costringere” i governi a iniziare un vero percorso politico, per dare alla comunità internazionale un quadro stabile di vera governance. La Fondazione ha notato ha notato, con vivo rammarico, che al di là delle rassicurazioni cortesi e formali, il governo italiano non si è mai impegnato effettivamente a livello politico su questi temi a livello internazionale, dimenticando che l’ICEF è nata in Italia e ha dato prova di serietà e continuità dell’azione apprezzata a livello esterno al nostro Paese.     Giuseppe Faretra        

Alle Radici dell’uomo

Alle Radici dell’uomo

Il  reporter televisivo  Davide Demichelis parla della sua esperienza nel campo della comunicazione e dell’ esplorazione dell’uomo     Davide Demichelis è un cercatore di spazi di vita.E’ un attento documentarista che ha collaborato con diverse testate giornalistiche anche europee, racconta i  rapporti  con l’uomo e l’ambiente. Prima Il regno degli animali, conduttore Giorgio Celli, poi Il pianeta delle meraviglie, con Licia Colò, e ancoraTimbuctù, Ilaria D’Amico, Sveva Sagramola,fino ad arrivare a Radici. Davide De Michelis è  una persona naturalmente curiosa ed affascinata dalle meraviglia del mondo ed utilizza il linguaggio audiovisivo per dare voci alle varie forme di vita,alle culture,con un taglio scientifico ed oggettivo, per divulgare l’altra faccia della medaglia, gli altri aspetti,spesso, sconosciuti che generano luoghi comuni sia sugli uomini che sugli animali. L’ultimo impegno è Radici. ( Il nostro sito ne aveva già parlato vedi: http://www.legambientecorato.it/index.php/notizie/575-l%27altra-faccia-dell%27immigrazione).  È un viaggio nel mondo dell’immigrazione,in cui sono protagonisti gli stessi immigrati, ma in direzione contraria, alle radici di una vita: di Rosita, boliviana, studentessa a Bergamo e protagonista della prima puntata; poi di Mohamed, marocchino, sindacalista a Bologna; di Nela, bosniaca, attrice a Roma; di Magatte, senegalese, musicista a Torino. Sono stranieri giunti in Italia tanti anni fa, che ora tornano a far visita a casa, nel Maghreb, in America Latina, in Europa orientale, in Africa nera. “Radici”è un programma di Rai3 che andrà in onda per quattro venerdì a partire dal 11 novembre (in seconda serata, dalle 23,00 circa),       D: Quale viaggio o esperienza l’ ha maggiormente colpito in questi anni?   R: E' difficile rispondere... Posso dire che il viaggio che più mi ha coinvolto risale al 1995, quando sono andato in Sudan, sui Monti Nuba. E' stata un'esperienza straordinaria: entravamo in una zona isolata dalla guerra. Da una quindicina di anni non vedevano uno straniero, in quella magnifica regione nel centro del Sudan: un'immensa spianata di savana protetta da montagne che spuntano come funghi. Ho trascorso una settimana con  una quarantina di guerriglieri, armati fino ai denti, perché ci accompagnava il comandante regionale, Yusuf Kuwa, un uomo straordinario, che nonostante la divisa e le armi che brandiva, era una persona di grande umanità. L'unico comandante militare africano, fra i tanti che ho conosciuto, con queste doti. Questo viaggio per me ha costituito un'occasione straordinaria, forse irripetibile, di incontro con l'Africa vera, e soprattutto con la sua gente. Era già da qualche anno che viaggiavo in quel continente, ma dai Monti Nuba sono tornato con il mal d'Africa cgaloppante...oltre che con la malaria. Dulcis in fundo, il documentario che ho girato in quella regione, è stato trasmesso anche dal National Geographic. Tutto è bene quel che finisce bene, no?   D: Come è nata la sua passione per i viaggi?   R: Per caso, come capita un po' a tutti, credo. I primi viaggi li ho fatti con i miei genitori, prima in tenda, poi in roulotte e quindi in camper. La curiosità, la voglia di scoprire mondi nuovi e conoscere persone, culture e anche la voglia di raccontare tutto questo mi hanno spinto a fare in modo che questa diventasse la mia occupazione. Come per magia, questo è accaduto. Oggi vivo (faticosamente, credimi) di questo bruttisimo mestiere, ma è sempre meglio che lavorare...   D: E quella di documentare?   R: Eh, come ti ho appena detto, è nato tutto insieme. Il film "Into the wild" di Sean Penn, che racconta le avventure di un ragazzo americano che si perde nelle terre selvagge dell'Alaska, fino a morire di stenti solo in un vecchio pullman abbandonato nel cuore del nulla, si conclude con questa frase, scritta su un pezzo di carta dal protagonista, in punto di morte: "la felicità è autentica solo se condivisa". Ecco, io la penso come lui: vivere un'esperienza per tenermela dentro, sarebbe come viverla a metà. Il mestiere mi aiuta a viverla fino in fondo, per poterla poi condividere con il pubblico   D: Quali sono le fasi principali della documentazione?   R: Cercare, vivere e raccontare. La ricerca la si fa tutti i giorni, leggendo giornali, libri, guardando la tv, navigando su internet, parlando con le persone. Il mondo è grande e c'è sempre l'aspirazione a conoscerlo tutto, o almeno il più possibile. Vivere, perché un viaggio va vissuto, fino in fondo! Con i suoi sapori e saperi, i panorami che abbiamo la fortuna di ammirare e le persone con cui abbiamo il privilegio di scambiarci esperienza, o anche solo quattro parole, uno sguardo. Chi viaggia vive due volte, si dice. Ma per me un viaggio è anche fare una passeggiata al mercato, nella mia città, guardare i volti della gente. Cerco sempre di farlo, anche quando ho le borse piene della spesa che mi strappano le braccia. E poi raccontare. Cosa, a quale pubblico e soprattutto come, questo è il dilemma. Quasi tutto si può raccontare, ma non è facile capire come sia meglio farlo, pensando al pubblico a cui ci si rivolge. Io ho lavorato per programmi di prima, seconda serata, del mattino e del pomeriggio per la tv per ragazzi. A seconda del pubblico, il linguaggio cambia, e molto. Se vogliamo comunicare, siamo noi a dover entrare nel linguaggio della gente, non possiamo pretendere che avvenga il contrario. Troppo spesso, secondo me, i documentari sono lenti, difficili, noiosi. Questo lo considero un grave limite culturale, diffuso fra chi fa il mio mestiere, che allontana il pubblico da questo genere di televisione. Il documentario secondo me dev'essere accattivante, veloce, leggero e ovviamente bello, ben scritto. Non è facile attuirare l'attenzione del pubblico quando sulle altre reti vanno in onda fiction, calcio o programmi che fanno grandi ascolti. Ma possiamo e dobbiamo riuscirci. Io inquesto mi impegno più che posso. Credo che sia impegno da cui nessun comunicatore si può esimere   D: Come è nata l'idea di Radici, il suo programma in onda su Rai Tre che racconta l'altra faccia dell'immigrazione?   R: Da un viaggio, neanche a dirlo, che ho fatto nel 1997 nelle Filippine, nell'isola di Mindanao, a sud. Ero andato nel villaggio natale della responsabile della comunità dei filippini di Torino. Non avevo portato anche lei con me, non avevo i soldi per pagarle il viaggio, ma ero andato a documentare cos'era cambiato nel villaggio in seguito alla sua emigrazione in Italia. Era stato un bel servizio, e così l'ho proposto anche a Rai Tre. Ci sono voluti ben sette anni per arrivare al dunque, ma alla fine ce l'abbiamo fatta! Nella formula attuale però il viaggio si fa con l'immigrato, che è una sorta di guida d'eccezione che ci porta a conoscere il suo Paese sia dal punto di vista turistico che sociale.   D: Che cosa può emergere da questo programma?   R: Io vorrei soprattutto che emergessse l'umanità degli immigrati, di queste persone che incrociamo per strada, che vediamo a scuola, al lavoro, al bar, ma di cui spesso non sappiamo nulla. Poi emergerà quello che vuole anche il pubblico. Può essere la dimensione dell'esotico, dei Paesi che andiamo a conoscere, il viaggio, la cultura, la cucina o l'ambiente. Non importa! L'importante, secondo me, è che al pubblico a casa arrivi la percezione di come tutto il mondo è Paese. Vedi, io vivo a Nichelino, nella prima cintura di Torino. Una volta era un piccolo paese, ora è una città. E' esplosa negli anni '70, con l'immigrazione che ha portato migliaia di persone dal sud Italia, per andare a lavorare in Fiat. Io ho vissuto la mia infanzia fra gli immigrati che con mille difficoltà (e ancora non del tutto) si sono ormai integrati nella nostra realtà. Il salto di qualità per favorire la convivenza viene dalla consapevolezza che siamo tutti uguali. Ci sono volute alcune decine di anni, ma ci siamo arrivati, o quasi. Ecco, credo che la stessa cosa dovrebbe avvenire anche con gli immigrati che arrivano dall'estero, anche se sarà molto più difficile, perché sono portatori di culture molto più diverse dalla nostra. Comunque, il primo passo è vincere la paura, la paura dell'altro. E per vincere quella paura bisogna conoscere. Abbiamo paura di quello che non conosciamo. Radici vuole essere un piccolo ma significativo contributo a vincere la paura dell'altro attraverso la consocenza, facendo perno sulla curiosità. E' un viaggio che ci porta dall'altra parte del mondo, ma anche dentro di noi. Perché, com'è noto, si conosce per differenza. Vedendo altri, diversi da me, conosco meglio anche me stesso. Io ho imparato e capito molte cose,anche di me stesso, viaggiando il Bolivia, Marocco, Bosnia e Senegal, dove abbiamo girato le prime quattro puntate di Radici. Spero che sia così anche per chi guarda il programma!     Giuseppe Faretra

Leggendo la crisi economica

Leggendo la crisi economica

L’incontro con il professor Luciano Canova,docente di economia sperimentale e della felicità   Nel corso del Forum Internazionale di Greenaccord,destinato a giornalisti che si occupano di ambiente, dal titolo People Building the future:Media,democrazia e sostenibilità,  ho  incontrato il professor Luciano Canova. In quel contesto,ha tenuto una relazione sul tema:”I limiti dell’economia ortodossa nelle scelte di politica ambientale”. Nel corso dell’esposizione sono stati considerati come diversi assiomi  economici che fanno parte della letteratura:questi sono stati capovolti dalle varie situazioni storico sociali che si sono venute a creare specialmente negli ultimi anni. Pertanto, la crisi economica ha “messo a  nudo” , i punti deboli del nostro sistema. A questo punto, è necessario che gli organismi internazionali preposti elaborino  nuovi sistemi di valutazione dei paradigmi economici. Una cosa è certa: la crisi configurerà un nuovo modello che ridisegnerà anche i nostri costumi e le nostre abitudini. Il professor Luciano Canova  è un giovane docente di economia ed economia sperimentale alla Scuola Mattei di Enicorporateuniversity, si occupa di economia sperimentale e della felicità. Di ritorno, in Italia ,dopo due anni di esperienza alla Paris School of Economics, nell’unità Microsimula (valutazione delle politiche pubbliche), ha conseguito il dottorato in Modelli Quantitativi per la Politica Economica all’Università Cattolica del Sacro Cuore e, in precedenza, un Master of Arts in Development Economics alla University of Sussex. E’ anche autore del volume “Una gabbia andò a cercare un uccello –L’ambiente e il suo valore”, (Libri Scheiwiller, Gruppo Sole 24H), collabora,tra l’altro, con http://lavoce.info. Vedendo  l’attualità socioeconomica in atto, gli abbiamo posto dei quesiti, per avere una maggiore chiarezza dei processi in atto. -Ci può spiegare in modo semplice e chiaro come è iniziata la  crisi economica in atto?   La crisi e' cominciata nel 2008 e ha un'origine finanziaria. Il fallimento della Lehman Brothers si e' trasferito a catena su altri istituti finanziari e, in seguito, sull'economia reale. Il fallimento della banca fu dovuto ai cosiddetti mutui subprime: le banche concedevano crediti rischiosissimi a soggetti con alta probabilità di non ripagare il debito. Questo avveniva perché esistevano ed esistono titoli tossici (i credit default swap) che assicurano le banche contro investimenti rischiosi. La finanza si e' farcita nel tempo di questi titoli altamente nocivi, che mostrano un primo colossale problema: eliminare il rischio dall'attività bancaria riduce i margini di attenzione con cui una banca promuove i suoi investimenti. E sgancia l'attività economica dalla realtà. Con tutte le conseguenze nocive che sono sotto gli occhi di tutti.   - Quale può essere il ruolo dell'economia sociale "nell'ammorbidire" la crisi ?   Per esempio, ed e' già un'impresa improba, promuovendo proprio un'idea di rapporti tra economia e società reali, per l'appunto, con attenzione preventiva verso le bolle e il liberismo selvaggio. Legalità, regolamentazione, rule of law: e' tempo di lasciare spazio all'etica e alle istituzioni. Appare sempre più come una necessita'.   . Come può aiutare la green economy  nel rilancio dell'economia ?   Lo mostrano le immagini dell'alluvione alle Cinque Terre di questi giorni. Come sempre, il post e' un crogiuolo di "quel villaggio non doveva essere costruito li'", "il rispetto del vincolo ambientale e' venuto meno per l'allentarsi della legislazione", etc. Il cambiamento climatico e' un fatto scientifico che pone un nuovo problema: l'aumento della frequenza degli eventi estremi si traduce in un incremento dell'imprevedibilità. E dove c'è imprevedibilità, c'è necessita' di etica ambientale e adozione del principio di prudenza. Così che, ex ante, si ragioni su un nuovo modello di sviluppo che consenta, piu' che di anticipare la catastrofe, di pensare oltre la stessa. La green economy coniuga innovazione e rispetto del limite.   - Come si può favorire una crescita economica sostenibile ?   Inevitabilmente facendo riferimento ad una qualche teoria di giustizia. Gli accordi internazionali, sempre più, dovranno mettere al centro la questione distributiva: su questo e' inutile nascondersi dietro a un dito. Non si può pretendere dalla potenza cinese un intervento a favore dell'eurozona per sostenerne il debito, senza cedere in cambio qualcosa (leggi: potere decisionale nelle grandi istituzioni internazionali, come l'FMI). Crescita sostenibile significa appunto più opportunità e risorse per chi non le ha avute finora, con la consapevolezza che una crescita smodata, nel medio periodo, mette in gioco questa volta la sopravvivenza dell'intero pianeta.   - E' più conveniente effettuare una manutenzione periodica del territorio o pagare il costo delle periodiche calamità naturali ?   Come detto prima, le catastrofi sono imprevedibili e, data la loro bassa probabilità di verifica, tendono a produrre comportamenti disattenti, quando non controproducenti. L'urgenza ambientale si affronta con l'etica e la pratica quotidiana del rispetto che producono cultura.   - Quale indicatore,secondo Lei,potrebbe superare il PIL verso un sistema economico più equo ?   Non sono un fanatico degli indicatori, anche se ne esistono tanti e da tanto tempo: l'indice di Sviluppo Umano, basato sull'approccio di Amartya Sen; il Better Life Index promosso dall'Ocse. Entrambi aggregano molte dimensioni del benessere per dare una misurazione più completa e rotonda della ricchezza.Per quanto mi riguarda, il Pil e' un indicatore importante, purché vi si riconosca solo la natura e la funzione che ha: quella di una statistica di contabilità nazionale che da' un'informazione sintetica della produzione di un'economia.Oltre a ciò, pero', c'è il dominio della politica e della comunità, che devono integrare i numeri con una visione multidimensionale del benessere, che tenga conto della felicita' e della realizzazione di una vita degna.       Giuseppe Faretra

L’incontro con Padre Mauro

 

L’incontro con Padre Mauro

Il sacerdote missionario genovese parla di un nuovo mondo possibile

I mondi sono come nuvole del cielo, si modificano, secondo il tempo e le stagioni.

Padre Mauro Armanino ne ha viste veramente tante: operaio,sindacalista ,volontario in Africa e ,poi,questo Continente è diventata la sua vita,prima come volontario,poi,  come sacerdote missionario. La vita la vive intensamente cercando l’unicità dei volti  e degli incontri per dare nuove speranze di un futuro migliore. Da quali processi partono : il rispetto dell’ambiente,della  pace  e dello sviluppo sostenibile ? Scaturiscono dall’impossibilità di perpetuare un certo modello di sviluppo rivelatosi nei fatti  fallimentare perché senza anima…..Non  utilizzando  principi sociali, etici e culturali, ma di un’etica egoistica. Come si può costruire una società più giusta,più equa, e più solidale ? Aprendosi all’ospitalità nei confronti degli immigrati. Contestando la dittatura della ‘crescita’. Costruendo ponti…di vita. Qual è la finalità del libro :”Cinque nomi di dire Liberia” ? Condividere i  frammenti di quanto vissuto ed allo stesso tempo offrire una lettura ‘parziale’ di ciò che significa per un Paese essere in guerra. Denunciare altresì le falsità e i giochi ‘umanitari’…. Quanti volti ti hanno lasciato una traccia o un segno ? Quanti hanno scritto in me. La maggior parte di loro sono poveri. Quali incontri ti hanno dato una svolta nella tua vita ? L’incontro con la sofferenza, la paura e l’ipocrisia di chi specula sulla sofferenza, ma soprattutto la straordinaria capacità di resistere e di sperare,nonostante tutto e tutti. Giuseppe Faretra     “ Il circolo Legambiente di Corato sostiene la realizzazione di un pozzo in Niger nella zona  Gourmancé (sud-ovest) accreditandolo direttamente mediante la sottoscrizione del conto corrente postale 479162 causale SV010 o mediante bonifico bancario Carige IBAN IT23-Z061-7501-4170-0000-1579-180- intestati a Provincia italiana SMA Via Borghero, 4      16148 Genova causale SV010” Info:  www.missioni-africane.org . 

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