I parchi in Italia: il volano del futuro





“Vi sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quanto se ne sognano nella vostra filosofia” (Amleto – William Shakespeare)

Il sistema dei parchi è un complesso ed articolato apparato da gestire. In un incontro presso la sede locale di Legambiente "Circolo di Corato", Antonio Nicoletti, responsabile Nazionale Aree Protette di Legambiente, ha parlato ai soci ed ai simpatizzanti del sistema delle aree protette in Puglia ed in Italia.   I parchi sono stati, in questi anni, una grande istanza per molte realtà territoriali e locali, a mettersi alla prova fino in fondo e a confrontarsi con le politiche di sviluppo locale innovative basate sulla qualità ambientale. Grazie alla loro azione, a quella di altre istituzioni, di soggetti pubblici e privati, si sono incrementate e riscoperte le produzioni tipiche riconosciute dall’Unione Europea, le certificazioni, le registrazioni ambientali e le reti delle qualità territoriali.   I paesi piccoli hanno ritrovato una nuova identità e diverse prospettive compatibili per uno sviluppo socioeconomico. L’Europa ed, in particolare l’Italia, sono un importante laboratorio per comprendere le dinamiche e i processi che segnano ed attraversano questo passaggio epocale.   E’ il caso dei tanti territori cresciuti sulla valorizzazione del “made in Italy” e delle produzioni tipiche, dove l’incrocio tra saperi tradizionali e innovazioni tecnologiche sviluppa economie ad alto valore aggiunto, che producono più benessere e consumano meno energia e risorse fisiche.   E’ il caso della rinascita di quell’Italia dei piccoli Comuni d’Italia,  in cui si trova custodito gran parte dell’intreccio di natura e di cultura che rappresenta la quintessenza dell’identità italiana.   E’ il caso dei tanti parchi e delle altre aree naturali protette impegnati oggi, in un progetto in grado di coniugare al meglio, conservazione e sviluppo locale. Dalla rete delle aree protette, alle reti delle qualità territoriali delle città, che riscoprono, valorizzano e innovano antiche tradizioni, materiali, dalle produzioni enogastronomiche, tipiche e convenzionali a quelle biologiche tutelate dall’Unione Europea, dai territori e dalle imprese ecocertificate, ai siti e alle aree riconosciuti patrimonio storico, culturale e ambientale da parte di enti e organismi internazionali, l’Italia è tutto un proliferare di iniziative ed esperienze orientate alla qualità.   Un caleidoscopio di orgogli locali costitutivi dell’identità italiana, che hanno la qualità come un elemento comune del loro codice genetico. Una molteplicità di istituzioni e di imprese negli ultimi anni hanno fatto dell’Italia uno dei paesi europei dove maggiore è stato il ricorso agli strumenti di gestione ambientale, per la qualità e per la tutela delle produzioni.   Il quinto paese a livello mondiale per crescita di certificazioni ISO 14001: + 858 nell’anno 2002. Oggi ammontano a 2.224 relative a ben 2.668 siti, di cui 29 comuni e una comunità montana. Il primo paese in Europa con le sue 34 licenze Ecolabel e il quinto con 154 organizzazioni registrate EMAS, con una crescita annua del 60%, tra cui 3 comuni e una provincia.   Una delle realtà più significative per l’applicazione di Agenda 21 con ben 110 esperienze già avviate, considerando solo quelle promosse dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio. L’Italia è ,inoltre, il paese leader in campo mondiale nella certificazione etica con 52 aziende e con la prima applicazione territoriale ad un comune. Con 133 DOP e IGP , l’Italia è leader europeo superando, così, la Francia.   Una vera  e propria potenza mondiale della qualità agroalimentare se consideriamo anche le 311DOC, le 24 DOCG, le 119 IGT, 1’unica per ora STG e soprattutto i 3.700 prodotti tradizionali agroalimentari censiti dalle regioni e riconosciuti dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali. Complessivamente sono ben 4.288 prodotti.   La sfida per i parchi è oggi quella di comporre in un progetto unitario, l’emersione delle diverse peculiarità locali nel campo della natura, del paesaggio, delle tipicità locali. In Puglia,il Parco nazionale dell’Alta Murgia,è il primo parco rurale ed il ventitreesimo in ordine di istituzione in Italia.   E’ chiaro, però, che si tratta solo di un punto di partenza per un percorso di evoluzione ambientale in cui le comunità locali sono pienamente coinvolte. Giuseppe: Qual è la situazione dei parchi in Italia? Nicoletti: La situazione è la seguente: l’ Italia ha poche performance positive in Europa, la l’OCSE le riconosce un primato positivo che negli ultimi dieci anni, frutto della 394/91, il sistema è cresciuto dal 3 al 10 % del territorio nazionale protetto. L’altro dato significativo che crescono le produzioni biologiche e di qualità.   Tuttavia, questa crescita porta con se molte contraddizioni : una evoluzione tumultuosa con luci ed ombre della praticabilità delle questioni. Un dato significativo tutto italiano è nel vedere le aree protette in perfetta sintonia con gli enti locali sono quasi duemila comuni in Italia che partecipano fattivamente nella gestione di settecentocinquantacinque aree protette. Giuseppe: Quale ruolo hanno i piccoli centri nella gestione del parco? Nicoletti: L’esperienza di crescita e di gestione del parco ci è invidiata in tutta Europa. Mette insieme un sistema di conservazione della natura dinamica e moderna , con lo sviluppo sostenibile locale. Di tutto questo processo sono protagonisti  i territori.   Quando si insedia il consiglio direttivo del parco, i componenti sono composti dalla parte della  zona, dove ricade il parco: cinque componenti su dodici sono espressioni delle comunità locali,i componenti del Ministero dell’Ambiente e dell’Agricoltura con tre rappresentanti, ci sono, infine,  i rappresentanti della società civile: delle associazioni ambientaliste e dell’ambito scientifico.   Questo equilibrio fecondo ha creato un processo partecipato  nella vita dell’ente parco. E’ un punto di forza che noi abbiamo sostenuto la legge 394 e la sua corretta applicazione. Quando le scelte decisionali vanno in altro modo, abbiamo gridato allo scandalo, anche perché viene messo in crisi, rispetto ad altri modelli come, ad esempio, la rigidità dei parchi francesi ha una netta demarcazione tra parchi regionali e parchi nazionali. In Italia, non c’è questa differenza tra un parco nazionale ed un parco regionale.   Faccio un esempio: il parco regionale dell’Etna è un parco di oltre cinquanta mila ettari ,in cui il vulcano è ancora attivo,quindi ci può far capire la complessità del sistema. Il Vesuvio otto mila ettari, è un parco nazionale, perché i parchi regionale della Sicilia sono stati istituiti in una fase storica precisa da una regione a statuto speciale, con una precisa strategia,mentre il parco del Vesuvio è stato istituito, quando non esisteva ancora una legge regionale sui parchi.   Le classificazioni dei parchi sono state attribuite per comodità o per scelte politico-legislative, più che per contenuti di biodiversità. Ci sono casi come il parco regionale della Maremma e del Ticino lombardo che fanno scuola come modalità di gestione.   La modalità dei parchi nazionali ha fatto scoprire nuovi territori con ciascun all’interno le proprie identità peculiari. Quando è nato il parco del Cilento nel 1994 ,il toponimo Cilento era scomparso; l’alta Murgia nella Puglia e nel Mezzogiorno ha un significato, ma non si conosceva in altre parti d’Italia.   Questo vale per l’Aspromonte, conosciuto di più per la piaga dei sequestri e tanti piccoli comuni, sono circa il settantacinque percento i piccoli comuni in cui ci sono le aree dei parchi, hanno avuto una nuova identità, una visibilità ed un contatto diretto con il Ministero dell’ambiente. Quando nasce la “ Piccola grande Italia”, questa inizia si articola sul solco di questa esperienza . Le piccole comunità che riscoprono le loro identità. Parlando di economia, molti parchi nascono con la fine della cassa per il Mezzogiorno.   Molte comunità hanno aderito ai parchi come l’ultima possibilità di agganciarsi ad una politica pubblica nazionale, l’anno vissuta anche in questo modo,non come assistenzialismo, ma come interesse. La cassa del Mezzogiorno ha creato disastri,cattedrali e quant’altro, ma dimostrava un’attenzione per il meridione. I parchi sono stati una nuova opportunità, moderna, non dei classici carrozzoni.   Questo nuovo sistema ha creato nuove opportunità di lavoro: nei piccoli centri sono sorte cooperative locali di giovani e donne che gestiscono i servizi all’interno del parco, come luogo di ricerca scientifica: molte associazioni locali hanno animato con il turismo ed i servizi annessi. Senza i parchi avremmo una minore produzione di CO2, di ossigeno ,abbiamo presentato un progetto su quanta acqua producono, quanto dissesto idrogeologico prevengono : come la sanità sono un servizio universale,indispensabile. Giuseppe: Parliamo del parco dell’Alta Murgia. Nicoletti: E’ uno dei quei percorsi che potevano andare in una direzione e sono andati in un altro. Il parco era stato individuato dalla legge 91, come parco da istituire. Era stato caratterizzato da una rivendicazione del movimento ecologista e pacifista, contro la militarizzazione come esperienza peculiare. La nostra associazione ha visto un incremento dei circoli di Legambiente nell’area del parco. Il parco è stato un momento di partecipazione democratica.   La Legambiente ha detto la sua grazie al parco. I processi istitutivi dei parchi sono stati positivi, per questo siamo ”gelosi” della legge quadro, interpretata fino ad oggi, perché sono stati momenti di partecipazione. Nell’istituzione dei parchi c’è un processo di condivisione , noi siamo stati protagonisti, siamo stati bravi e fino a quando ci è stato concesso di dire la nostra.   Abbiamo detto, per esempio, che il perimetro che si stava realizzando era una grossa stupidata, non uso giri di parole… Semplicemente perché sul territorio, c’è una zona di produzione speciale,molto più ampia del perimetro del parco, esattamente il doppio . Che cosa sarebbe successo: stare nel parco avrebbe significato avere una serie di regole codificate, fuori da quell’area ,invece,di ZPS con addirittura regole più rigide, perché proveniente da una direttiva europea.   Ora stiamo vivendo una fase di transizione, ma quando le regole saranno stabilite ,saranno chiare. Poi, la politica ci ha messo lo zampino. La nomina del presidente fatta in un modo incredibile; la nomina dei componenti delle associazioni ambientaliste che non citiamo, perché non sono associazioni ambientaliste. Non abbiamo fatto dei nomi, perché non volevano comparire a giustificazioni di questo tipo.   Ci siamo tirati fuori da una logica dell’attuale Ministro dell’Ambiente che utilizzato i parchi per occupare i territori. Un ‘operazione che gli è riuscita malissimo, il rischio è quello di affossare il sistema dei parchi. Lo ha fatto con i presidenti e lo sta facendo con i consigli direttivi, ha nominato persone che non hanno nulla a che fare con il sistema e con l’ambientalismo. Aldo: Un parco rappresenta una cultura diversa  rispetto al sistema del mercantilismo e del liberismo di consumo? Nicoletti: Il parco lo vediamo come uno strumento di partecipazione e di innovazione. Noi vediamo i parchi come un laboratorio, è vista come un’occasione che però deve essere colta dal territorio. Se la politica, se invece di chiedere all’interno del parco come è successo ad Altamura, chiede di star fuori, significa che non vuole giocare con quella opzione.   Il parco è la modalità per dimostrare la possibilità di sviluppo diversa, è un laboratorio dove la sostenibilità viene praticata e gestita con una cultura politica nuova, per tante realtà d’Italia, ci sono stati amministratori che sono passati da consiglieri comunali a sindaci alla presidenza del parco,non perché hanno fatto “carriera”, ma perché sono stati protagonisti di un processo.   L’hanno portato avanti… Per esempio, il parco nazionale delle cinque terre, il presidente attuale è stato presidente della cooperativa ed ,in seguito, presidente del parco. Questi presidenti hanno rinnovato la politica, perché intrisa della cultura locale. Invece ci sono  situazioni, in cui, invece di promuovere la conservazione e lo sviluppo, si permetteva la banalizzazione del luogo: permettendo la caccia, come “parcheggio” o banalizzare il compito o quant’altro…   Il parco è protagonismo del territorio; funziona solo se si apre sul territorio: alle associazioni. E’ avvenuto in passato sul Gargano, ma è avvenuta alle Cinque Terre, alle Dolomiti Bellunesi, sono tante le esperienze in questo campo. Il futuro è tutto da riscrivere, oggi è da rivedere,noi siamo qui dargli una spinta nel senso che non c’è una gestione burocratico ministeriale, o fatta attraverso il presidente dell’ente, ma è una gestione plurale.   Le regioni ,sotto questo punto di vista ,possono dare un contributo. Noi siamo allibiti dalla regione che sulla presidenza del parco dell’Alta Murgia non si sia fatta sentire….   Un presidente a cui era scaduto il mandato (N.d.R. L’ex presidente Fitto) favorisce la nomina di un personaggio ambiguo alla presidenza del parco. La nuova giunta regionale può restare zitta a tutto questo? Bisogna ritrovare una nuova centralità delle aree protette,dei parchi e delle riserve regionali e nazionali attraverso le politiche nazionali, ma anche mediante le politiche regionali.

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