Piazza Buonarroti: che fare ?

Piazza Buonarroti: che fare ?

Ridefinire un progetto  per fare uno spazio utile per la socialità

In questi giorni dovrebbero partire i lavori di rifacimento di piazza Buonarroti, soprannominata la piazza delle marionette per spiegarci.

 

 

La piazza ha avuto varie vicissitudini utilizzata tanti anni fa per la Jojo, poi è stata recintata e chiusa per anni, prima di essere riaperta avendo nel tempo anche piccoli problemi di sicurezza. Sicuramente è cosa buona e giusta riqualificare la piazza destinandola ad un nuovo uso sociale e può servire per donare un nuovo slancio sociale dello spazio urbano in una zona centrale. Tuttavia, l’idea alla base del progetto è la promozione del paesaggio come spazio democratico, in cui ogni persona ha ugual diritto d’accesso, di godimento e responsabilità di cura. In generale W. Whyte-1 ritiene che gli spazi pubblici per funzionare devono essere ambienti accoglienti, vivibili, confortevoli e user friendly. Un fattore centrale capace di accendere uno spazio è il fenomeno della “triangolazione” ovvero la presenza di stimoli che spingono le persone a interagire, a socializzare. Inoltre, ha cercato di individuare la ricetta di successo per una piazza dinamica e conviviale. Dalla serie di studi svolti nelle piazze di New York e dalle numerose osservazioni si è sintetizzato che: l’illuminazione diretta del sole non è un fattore determinante nell’uso delle piazze, quindi può essere importante mettere a dimora essenze che possano dare ombra; la stessa bellezza della piazza o degli edifici prospicenti non è importante; Anche la forma della piazza non è così influente come i progettisti erroneamente credono. In poche parole questo è il processo per cui uno stimolo che può essere un oggetto fisico oppure un panorama stabilisce un collegamento tra persone permettendo di creare un’interazione tra sconosciuti. E’ il “common ground” teorizzato anche da Jan Gehl-2 necessario per la socialità, ma, in questo caso, è lo spunto per creare il nesso nasce dalla struttura fisica o dalla pratica d’uso dello spazio. Abbiamo constatato sul perimetro della stessa piazza un pannello che mostra come sarà la piazza, se il progetto rimanesse quello che è stato indicato a nostro avviso mostra diverse criticità. Da quello che sembra, il verde sarebbe estremamente limitato anzi gli stalli per chi farebbe il piccolo mercato sembrerebbe senza alcuna ombra. Quindi, il contadino porterebbe il proprio raccolto in piazza per restare ancora sotto il sole o sotto la pioggia senza riparo, da quello che sembra, inoltre, senza un sistema di raccolta rifiuti differenziato. Poi, che fine faranno gli alberi e le essenze viventi all’interno di una città che sul verde ha diverse criticità? Sicuramente potrebbero essere ripiantate in altri spazi poveri o carenti di verde, tipo la villa comunale totalmente carente di verde e di zone d’ombra. Forse sarebbe stato opportuno un forum all’interno dello stesso quartiere, portando un’idea e facendola sviluppare nel dialogo tra cittadini e progettisti. In esso, i luoghi pubblici sono gli spazi che per primi possono essere portatori di nuovi valori, nuovi modi di vivere e di agire sulla città. Questi rappresentano, infatti, una risorsa fisica e ideale dove negoziamo i nostri interessi comuni ed esprimiamo le nostre differenze, esaltando la creatività. I luoghi pubblici sono spazi di sperimentazione dove possiamo imparare ad interagire con e rispettando i diversi attori. L’intervento architettonico in questi ambiti diventa il mezzo per favorire l’evoluzione positiva dell’attuale stato fisico e sociale dell’ambiente. Legambiente auspica una ridefinizione del progetto con un’ impronta più ambientalista e più sostenibile.

Riferimenti: 1- Whyte W.H. (1980), The social life of small urban places, Project for Public Space 2- Gehl, J Life Between Buildings: Using Public Space, translated by Jo Koch, Van Nostrand Reinhold, New York.

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